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Brasile, "Grande è il disordine sotto il cielo"

Teresa Isenburg

È ovvio che in questo periodo tutta l’attenzione è concentrata sugli Stati Uniti e sulle elezioni che si sono concluse con la vittoria repubblicana. Tuttavia mi permetto di riassumere alcune considerazioni che concernono il Brasile e il contesto internazionale. Infatti proprio in questi giorni si sono tenuti e si terranno incontri sovranazionali su grandi temi che riguardano la vita materiale delle popolazioni del pianeta. Il 24 ottobre si è concluso il 16° vertice dei Brics con la firma della Dichiarazione di Kazan: Rafforzare il multilateralismo per un giusto sviluppo globale e per la sicurezza. La presenza del Brasile è stata limitata e in parte contraddittoria, dal momento che il presidente Lula non ha potuto essere presente in conseguenza di una caduta domestica il 19 ottobre.

Vale la pena di prendersi il tempo per leggere i 134 articoli che costituiscono una analisi della situazione attuale e un programma di ciò che i Brics sognano. Perché, come diceva il geografo Milton Santos, è il sogno che obbliga l’uomo a pensare. Il 2 novembre si è conclusa a Cali Cop 16 Pace con la natura con risultati lontani dagli obiettivi concordati negli incontri precedenti (proteggere il 30% del pianeta e ripristinare il 30% degli ecosistemi degradati entro il 2030). Mancano risorse e chi dispone di denaro non intende cederne una minima parte per un obiettivo universale. Ovviamente l’immenso business guerre/armi è assai più remunerativo per i grandi gruppi e le fortune miliardarie.

Tra l'11 e il 24 novembre a Baku si terrà Cop 29 Investendo in un pianeta abitabile per tutte le persone, dedicata al cambiamento climatico, ma già preoccupa lo scarso coinvolgimento di quanti hanno ricchezze, che sembrano illudersi che lo stravolgimento ambientale non li colpisca. A breve si concluderanno anche le riunioni di rappresentanti degli esecutivi dei singoli paesi del G7 e del G20: il primo ha tenuto il 3-4 novembre a Roma un incontro sullo sviluppo urbano sostenibile, il secondo (che si concluderà il 18-19 novembre a Rio) a Belem il 4 novembre un gruppo di lavoro sulla riduzione dei disastri e delle loro conseguenza, un altro a Rio di rappresentanti di favelas (un miliardo di persone vive in favelas e quartieri periferici privi di infrastrutture e servizi), un altro molto importante a Rio sul principio di equità nell’accesso alla salute e l'urgenza di sistemi universali di salute pubblica, tanto più nel momento in cui i cambiamenti climatici hanno conseguenze sanitarie mentre movimenti globali di persone e merci trasferiscono anche microbi e vettori di diffusione di agenti patogeni. Fra il 6 e l'8 novembre a Brasilia si incontrano i presidenti dei Parlamenti, dai quali nella pratica dipende l’applicazione delle risoluzioni che non hanno carattere vincolante e quindi necessitano di appoggio politico per non svanire nel nulla.

Cosa di tutti questi momenti di confronto e collaborazione inciderà sulla realtà materiale non è dato dunque sapere. Ma certamente essi indicano la necessità di un cambiamento di governance del pianeta, necessità che anche cittadine e cittadini percepiscono e a cui rispondono attraverso il voto che tuttavia si sposta a destra. Ciò è accaduto anche in Brasile nelle elezioni amministrative terminate nel secondo turno del 27 ottobre, con la consegna a forze di destra e centrodestra di molte amministrazioni locali anche di grandi città come San Paolo. La sconfitta della destra estrema non è sufficiente a diminuire una profonda preoccupazione. Infatti all’interno del Parlamento forze non marginali cercano di far approvare provvedimenti di amnistia per coloro che sono indiziati di crimini di attentato allo stato democratico di diritto per il colpo di Stato dell’8 gennaio 2023, di ottenere la detassazione di agrotossici, di impedire qualunque misura che consenta di tassare le grandi fortune, ecc.

L'élite arretrata, antisociale, impregnata di una cultura schiavista e razzista è forte mentre debole, qui come altrove, è l’opposizione di classe e di rottura strutturale. In queste ultime settimane il lento, ma inesorabile procedere della giustizia ha finalmente condannato gli esecutori materiali dell’assassinio di Marielle Franco e Anderson Gomes. Si tratta di due ex poliziotti militari di Rio de Janeiro, Ronnie Lessa e Elcio de Queiroz, rispettivamente a oltre 78 e 59 anni di carcere. Anche coloro che si ritiene siano i mandanti del delitto sono da marzo 2024 in carcere. Si tratta di due fratelli Brazõn, uno deputato federale, l’altro consigliere della Corte dei Conti dello Stato di Rio. Sono tutti attori del nebbioso mondo delle milizie e di soggetti politici che avvelenano, in parallelo e in conflitto con il narcotraffico, la città e lo Stato di Rio de Janeiro e che gestiscono molti interessi che vanno dalla speculazione edilizia a forme varie di estorsione. Difficile sapere se in questo modo si è raggiunto l’apice dei mandanti o se altro di nascosto vi sia.

Altri processi, rivisti ai livelli superiori del potere giudiziario fino al Supremo Tribunale Federale, restituiscono la dignità politica a cittadini ingiustamente condannati in istanze precedenti negli anni in cui non poche deviazioni hanno inquinato settori della magistratura. Anche processi che si trascinano da anni sembra che trovino un approdo: forse quelli, anche internazionali, per il grande disastro di inquinamento minerario delle acque del Rio Doce di nove anni fa e, forse, quello di Brumadinho di cinque. Vaste plaghe che una impresa indonesiana cercava di acquisire per produrre cellulosa in dispregio delle norme vigenti, che vietano vendite a stranieri al di sopra di certi limiti, dovrebbero rimanere in mani brasiliane. Insomma sembra che un certo ordine nel funzionamento della magistratura e della procura generale stia prendendo corpo dopo lo sconquasso del periodo 2016-2022. Ed è cosa importante.

Fonti: i siti dei quotidiani online Brasil 247, Brasil de Fato, Opera Mundi, Agência Brasil (7/11/2024)

 

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a cura di Nicoletta Manuzzato