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A Brasilia i capi di Stato sudamericani

Grazie alla politica del governo Lula prende nuovo impulso il progetto di integrazione sudamericana: al di là delle differenze ideologiche, il 30 maggio a Brasilia si sono incontrati tutti i capi di Stato della regione, compresi Irfaan Ali per la Guyana e Chan Santokhi per il Suriname. Unica eccezione la contestata presidente peruviana Dina Boluarte, che è intervenuta online.

Nel Consenso de Brasilia, sottoscritto al termine della riunione, i partecipanti hanno ribadito "che l'America del Sud costituisce una regione di pace e cooperazione basata sul dialogo e il rispetto alla diversità dei nostri popoli, con un impegno verso la democrazia e i diritti umani, lo sviluppo sostenibile e la giustizia sociale, lo Stato di diritto e la stabilità istituzionale, la difesa della sovranità e la non ingerenza negli affari interni". Hanno inoltre affermato che "l'integrazione regionale deve essere parte delle soluzioni per affrontare le sfide condivise" e hanno stabilito di "creare un gruppo di contatto con a capo i ministri degli Esteri" che elabori una roadmap verso questo obiettivo.

Non sono mancate però le polemiche, in particolare da parte del presidente uruguayano Luis Lacalle Pou che ha ottenuto l'eliminazione, nel testo del Consenso, di ogni menzione all'Unasur, l'Unión de Naciones Suramericanas da cui Montevideo si era ritirata nel 2020 sostenendo che si trattava di un organismo "basato su linee politiche ideologiche". In compenso il colombiano Gustavo Petro ha annunciato in Twitter, il giorno dopo la riunione di Brasilia, che il suo paese tornerà a far parte dell'Unasur, che aveva lasciato nel 2018 durante il governo Duque. Petro ha aggiunto di aver sollecitato un cambiamento del nome in Asociación de Naciones Suramericanas, "per garantire il pluralismo e la permanenza nel tempo".

Lacalle Pou ha avuto anche da ridire sulla presenza all'incontro di Nicolás Maduro e sull'accoglienza a questi tributata da Lula. Se l'uruguayano ha definito Maduro "un dittatore", il presidente brasiliano lo ha ricevuto con tutti gli onori e ha celebrato il recupero dei rapporti bilaterali, sospesi da Bolsonaro nel 2019. Ha inoltre criticato le sanzioni imposte negli ultimi anni al governo bolivariano e i paesi che avevano riconosciuto come legittimo presidente "l'impostore" Juan Guaidó.

Non è stato solo Lacalle Pou ad attaccare Caracas. Anche il cileno Boric ha contestato il discorso di Lula secondo il quale il Venezuela è stato "vittima di una narrativa di antidemocrazia e autoritarismo", appoggiandone però la richiesta di abolire le sanzioni, che colpiscono la popolazione. Resta sorprendente che nessuna voce si sia alzata invece per criticare la presenza dell'ecuadoriano Lasso, autore di un autogolpe con cui ha evitato un sicuro impeachment, o la sanguinosa repressione in atto in Perù, già costata decine di morti. (2/6/2023)

 

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a cura di Nicoletta Manuzzato