Latinoamerica-online.it

Condanna internazionale per l'assalto all'ambasciata messicana a Quito

Un attacco all'inviolabilità delle sedi diplomatiche e al diritto d'asilo: questo il significato dell'assalto della polizia ecuadoriana, la sera del 5 aprile, all'ambasciata messicana a Quito per arrestare l'ex vicepresidente Jorge Glas. A quest'ultimo, rifugiato fin da dicembre dopo l'ennesimo episodio di persecuzione giudiziaria, Città del Messico aveva appena concesso asilo politico. Nonostante tutto ciò Glas è stato letteralmente sequestrato da agenti incappucciati che - come risulta dai video girati all'interno - hanno anche malmenato e costretto a terra Roberto Canseco, l'incaricato d'affari, colpevole di aver cercato di opporsi. Canseco era titolare della missione diplomatica dopo che l'ambasciatrice Raquel Serus era stata dichiarata persona non grata dal governo Noboa, in seguito ad alcune affermazioni di López Obrador, che aveva messo in relazione l'assassinio in agosto del candidato presidenziale Villavicencio con la vittoria elettorale di Noboa due mesi dopo.

Jorge Glas, ora rinchiuso in un carcere di massima sicurezza di Guayaquil, ha denunciato di essere stato percosso al momento dell'arresto. Il 12 aprile la Corte Nacional de Justicia ha dichiarato illegale e arbitraria la sua detenzione, ma non ne ha ordinato la scarcerazione, non avendo terminato di scontare una pena di otto anni per condanne precedenti. "Neppure nelle peggiori dittature è stata violata l'ambasciata di un paese. Non viviamo in uno Stato di diritto, ma in uno Stato di barbarie, con un improvvisato che confonde la patria con una delle sue aziende di banane", ha commentato l'ex presidente ecuadoriano Correa facendo riferimento a Daniel Noboa, erede di un impero fondato sul commercio di questo frutto. E il partito correista Revolución Ciudadana ha chiesto ufficialmente la rinuncia del capo dello Stato, che "ha dimostrato chiaramente di non avere la capacità di governare".

Città del Messico ha reagito all'irruzione della polizia rompendo immediatamente le relazioni diplomatiche e ha denunciato l'accaduto all'International Court of Justice come violazione dell'articolo 22 della Convenzione di Vienna, chiedendo la sospensione dell'Ecuador da membro dell'Onu fino a quando dal suo governo non verrà "una pubblica scusa". Ha infine bloccato i negoziati commerciali in corso con Quito, che sperava in un accordo per poter entrare a far parte a pieno titolo dell'Alianza del Pacífico.

La posizione messicana ha ricevuto l'appoggio delle Nazioni Unite e dell'Unione Europea. Nel continente si sono associati governi di opposto orientamento, dall'Argentina al Brasile. In segno di solidarietà, Nicaragua e Venezuela hanno rotto le relazioni con l'Ecuador, mentre l'Organización de los Estados Americanos ha condannato "energicamente" l'accaduto, con una risoluzione approvata con l'unico voto contrario del rappresentante di Quito e l'astensione del Salvador. Anche Stati Uniti e Canada non hanno potuto esimersi da una condanna, sia pure tardiva.

Sul tema i paesi della Celac hanno tenuto online una riunione d'urgenza. Mancava l'Uruguay, che ha giustificato la sua assenza sostenendo un cambiamento "nelle regole del gioco". Al termine dell'incontro la presidente honduregna Xiomara Castro ha affermato: "La conclusione è molto chiara sulla condanna ai violenti avvenimenti in Ecuador e sulla richiesta del salvacondotto per Jorge Glas". Il governo di Tegucigalpa ha poi richiamato la sua incaricata d'affari a Quito e ha preannunciato che appoggerà le azioni intraprese dal Messico.

Resta il dubbio sulle vere motivazioni che hanno spinto Noboa a un'azione così arrischiata, che ha portato all'isolamento del suo paese sul piano internazionale. Secondo l'analisi di José Steinsleger su La Jornada, si tratta di un messaggio mafioso indirizzato contro il movimento della Revolución Ciudadana di Correa, contro Amlo e contro Claudia Sheinbaum. "Perché nell'Ecuador di Noboa - prosegue Steinsleger - niente si muove senza il consenso di Washington e della Cia". Lo aveva suggerito lo stesso López Obrador: "Un governo non agisce così se non sente l'appoggio di altri governi o potenze". (17/4/2024)

 

Latinoamerica-online

a cura di Nicoletta Manuzzato