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Mafalda la contestataria
rimane orfana
Mafalda, la bambina anticonformista che con le sue fulminanti battute metteva in luce le contraddizioni
e le incoerenze degli adulti, è rimasta orfana. Il disegnatore
Quino, Joaquín Salvador Lavado Tejón il suo vero nome, si
è spento il 30 settembre a Mendoza, la città in cui era nato nel
1932 da genitori spagnoli emigrati in Argentina.
A Mendoza Quino cominciò a frequentare l'Escuela de
Bellas Artes,
che abbandonò ben presto per dedicarsi al fumetto. Nel 1954 si
trasferì a Buenos Aires e le sue prime vignette uscirono nel
settimanale Esto Es. Dal 1957 collaborò con vari
periodici tra cui Rico Tipo e Tía Vicenta,
realizzando la sua prima esposizione nel 1962 e pubblicando l'anno
successivo il
suo primo libro, Mundo Quino. Nel
frattempo lavorava alle illustrazioni per alcune campagne
pubblicitarie. E fu proprio per una marca di elettrodomestici che
ideò il personaggio di Mafalda, che peraltro non venne mai
utilizzato dal committente. Le prime strisce di Mafalda apparvero su
Gregorio, supplemento umoristico della rivista Leoplán,
uscendo poi regolarmente - dal 29 settembre 1964 - sul
settimanale Primera Plana. L'anno seguente approdarono sul
quotidiano El Mundo (e alla chiusura di questo sul
periodico Siete Días).
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Nella foto: Mafalda e i suoi amici a Buenos Aires (foto di T.
Quaianni)
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Negli Usa sterilizzazione
forzata a migranti latinoamericane
E' stata Dawn Wooten, un'infermiera che ha lavorato presso l'Irwin
County Detention Center (un centro di detenzione per migranti
in Georgia), a sollevare il caso: numerose donne latinoamericane
rinchiuse nella struttura avrebbero subito interventi di
isterectomia senza il loro consenso e senza alcuna giustificazione
clinica. Il Centro è
amministrato dall'impresa privata
LaSalle Corrections, contrattata dall'istituzione
governativa statunitense Immigration
and Customs Enforcement. L'accusa di Wooten è corroborata
dalla testimonianza di alcune migranti, una delle quali ha
paragonato il Centro a "un campo di concentramento in cui si fanno
esperimenti sulle persone" (uno dei medici implicati viene indicato
con il significativo soprannome di "collezionista di uteri"). La denuncia, appoggiata
da diverse organizzazioni in difesa dei diritti umani, parla
anche di condizioni igieniche pessime in un periodo di massima
diffusione del contagio da Covid-19. Immediata la reazione del governo messicano:
un comunicato del Ministero degli Esteri afferma che è stata
"sollecitata informazione dettagliata alle autorità al fine di
chiarire gli eventuali danni a cittadine messicane",
annunciando il ricorso a "strumenti diplomatici e giuridici" per
chiarire quanto accaduto. Anche negli
Stati Uniti la notizia non ha lasciato indifferenti: 173
congressisti hanno chiesto l'immediata apertura di un'indagine in
merito e la
presidente della Camera, la democratica Nancy Pelosi, ha dichiarato
che "se sono vere le spaventose condizioni descritte nella
denuncia, comprese le accuse di isterectomie di massa a donne
migranti vulnerabili, si tratta di una violazione spaventosa dei
diritti umani".
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Colombia, Alvaro Uribe agli
arresti domiciliari
Fino al 4 agosto "in Colombia esisteva una specie di
tabù secondo il quale un ex presidente, un uomo
potente e influente non poteva essere citato dalla giustizia e
tantomeno privato della libertà. Questo mito è stato
abbattuto dalla Corte Suprema". Così Iván Cepeda, del Polo
Democrático Alternativo, ha commentato gli arresti domiciliari
decretati nei confronti dell'ex capo dello Stato Alvaro Uribe,
sospettato di frode processuale. Tutto parte dalla causa intentata
contro lo stesso Cepeda nel 2012: Uribe lo accusava di aver montato
un complotto contro di lui, "manipolando testimoni" e ottenendo
false dichiarazioni di ex paramilitari che lo coinvolgevano nelle
attività criminali dei gruppi dell'estrema destra.
Ma la Corte,
dopo aver scagionato Cepeda, nel 2018 apriva un'indagine
proprio contro Uribe con la stessa accusa. E in seguito decideva
di dare nuovo impulso a una serie di indagini sulle azioni dei paramilitari nella
seconda metà degli anni Novanta, quando Uribe era governatore del
dipartimento di Antioquia: le stragi di El Aro e de La Granja,
avvenute nel municipio di Ituango, e l'uccisione dell'avvocato Jesús María Valle,
che aveva denunciato i responsabili di tali crimini. L'ex
presidente è stato citato a dichiarare per questi fatti, anche se -
con una mossa a sorpresa - ha rinunciato al suo seggio di senatore
chiedendo (e ottenendo) che tutte le inchieste a suo carico passassero dall'Alta
Corte, competente in caso di parlamentari, alla Procura Generale,
dove conta sicuri appoggi. segue
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Guyana,
vittoria della sinistra alle elezioni
Gli abitanti della Co-operative Republic of
Guyana avevano votato il 2 marzo, ma la proclamazione del vincitore
è arrivata solo cinque mesi dopo: nelle presidenziali
si è imposto Mohamed Irfaan Ali, della formazione di sinistra Ppp/C
(People's Progressive Party/Civic). Il ritardo nel
riconoscimento dei risultati è dovuto al tentativo del presidente
uscente, l'ex militare David Arthur Granger sostenuto dalla
coalizione Apnu/Afc, di ottenere la riconferma grazie ai brogli. Un
tentativo maldestro: la verifica ha permesso di scoprire circa 4000
schede non conteggiate a favore dell'opposizione attribuendo così
il trionfo al Ppp/C, che ha anche conquistato la maggioranza dei seggi
della National Assembly.
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Brasile: "Così in cielo
come in terra"
All’inizio degli anni ’70, nell’oscurità delle tenebre
dittatoriali, uscì un documento che ha lasciato il segno. Era Eu
ouvi os clamores do meu povo/Ho ascoltato le grida del mio popolo,
redatto da un gruppo di vescovi cattolici. Uno degli estensori era
stato il missionario spagnolo D. Pedro Casaldaliga. La sua diocesi
di São Félix do Araguaia era immersa al centro del sertão,
zona di conflitto, di lotte per la terra, guerriglie e
miseria. Casaldaliga si legò con questo popolo, lo difese, lottò al
suo fianco, lo organizzò, non lo catechizzò. La sua religiosità e
la sua azione nascevano dalle aggregazioni popolari. E così ha
continuato per decenni. Dal suo popolo fu considerato un profeta
che, partendo dalle sue grida, seppe collegare la dura realtà
della terra alle speranze del cielo.
José Luiz Del Roio, San Paolo, 9 agosto 2020
D. Pedro Casaldaliga, nato il 16 febbraio 1928 a Balsareny in
Catalogna, entrò nella Congregazione Claretiana nel 1943; venne
ordinato sacerdote nel 1952, nel 1968 si traferì in Amazzonia. Nel
1971, sotto il pontificato di Paolo VI, venne nominato vescovo.
L’11 ottobre 1976 a Ribeirão de Cascalheira, in Mato Grosso, il
responsabile della Compagnia di Gesù in America Latina João Bosco
Burnier che, insieme a Casaldaliga, prestava assistenza in un
commisariato di polizia a due contadine arrestate e torturate,
veniva freddato da un poliziotto, avendo frapposto il proprio corpo
per difendere il bersaglio predestistinato, Casaldaliga. Minacciato
di espulsione, la permanenza di Casaldaliga in Brasile fu
possibile per la decisa presa di posizione dell’arcivescovo D.
Paulo Evaristo Arns, che già aveva mostrato la propria fermezza
contro la dittatura nei grandi atti interreligiosi dell’anno
precedente. Casaldaliga rimase a São Félix do Araguaia per lunghi
anni, fermo nella difesa e nella costruzione della giustizia
sociale. Fino alla fine dei suoi giorni ha alzato senza timore la
propria voce per denunciare le derive autoritarie e antisociali,
soprattutto degli ultimi quattro anni. Per comunicare, aveva scelto
la lingua universale e senza tempo della poesia. Si è spento l’8
agosto 2020 a Batatais/San Paolo. (J.D.) |
Uruguay,
verso la restaurazione
Ley de Urgente Consideración:
si chiama così perché il Parlamento ha a disposizione solo 90
giorni per discuterla. In così breve tempo deputati e senatori
hanno dovuto esaminare circa 500 articoli di una mega proposta di
legge che configura un paese nettamente spostato a destra. Voluta
dal governo del presidente Luis Lacalle Pou (Partido Nacional),
entrato in funzione il primo marzo, la legge è stata approvata l'8 luglio dal Senato dopo il via
libera dei deputati la settimana precedente. Secondo il Frente Amplio le
nuove normative costituiscono un passo indietro in materia di
diritti. Basta un'occhiata ai temi più controversi per convalidare
questo giudizio. In campo sindacale viene limitato il diritto di
sciopero, che potrà essere esercitato solo permettendo a quanti non
aderiscono di recarsi al lavoro e garantendo agli imprenditori
il libero accesso agli stabilimenti. Proibiti i picchetti che
"impediscano la libera circolazione" e le occupazioni delle
fabbriche.
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Repubblica Dominicana,
finisce il lungo dominio del Pld
La parola Cambio ha
sedotto l'elettorato della Repubblica Dominicana, che domenica 5
luglio ha eletto presidente al primo turno Luis Abinader, del Partido
Revolucionario Moderno. Finisce così il lungo dominio del
Partido de la Liberación Dominicana, al governo
ininterrottamente da sedici anni
(prima con Leonel Fernández e poi con l'attuale capo dello Stato,
Danilo Medina). La lunga gestione del potere ha indebolito
l'immagine del Pld, accusato a più riprese di
corruzione: esponenti di primo piano sono stati coinvolti nello
scandalo Odebrecht, l'impresa brasiliana che versava
tangenti a innumerevoli paesi per ottenere lucrosi appalti. E a
intaccare ulteriormente la popolarità del partito è stata la spaccatura dello scorso anno
quando Fernández, dopo aver denunciato brogli nelle primarie che
avevano indicato come candidato Gonzalo Castillo, era uscito dando
vita a una nuova formazione, Fuerza del Pueblo.
Le difficoltà che il Pld avrebbe incontrato in questo voto erano
apparse chiare già in febbraio quando migliaia di persone,
soprattutto giovani, si erano mobilitate per protestare contro le
autorità elettorali, che avevano deciso la cancellazione delle
consultazioni municipali già in corso, a causa di un
difetto del sistema. Le spiegazioni erano state giudicate
pretestuose e si era insinuato il sospetto che si volesse impedire
una vittoria delle opposizioni.
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Latinoamerica-online.it
anno
XVIII
a
cura di Nicoletta Manuzzato
Registrazione
presso il Tribunale di Milano n. 259 del 13/4/04
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