Brasile, Israele, Gaza
(3/12/2023)
Motivi personali mi hanno impedito di scrivere qualche appunto
sulle ultime terribili settimane del contesto internazionale. Cerco
di riassumere poche informazioni relative al Brasile nella crisi
mediorientale in corso, anche perché il mondo visto da quaggiù è
diverso da quello visto a nord dell’Equatore. Fra il 1° e il 31
ottobre il Brasile ha tenuto la presidenza del Consiglio di
Sicurezza delle Nazioni Unite e si è trovato quindi ad affrontare
l’attacco di Hamas di sabato 7 ottobre e la risposta bellica di
Israele. Nonostante un lavoro diplomatico serrato, l 18
ottobre la proposta di risoluzione presentata dal Brasile è stata
respinta per il voto contrario degli Usa. Essa chiedeva il rispetto
del diritto umanitario internazionale, la protezione della
popolazione civile, l’accesso agli aiuti imprescindibili, oltre a
esprimere condanna per l’azione di Hamas e a ripetere la necessità
dei due Stati. Non stupisce il veto statunitense data la non
consonanza fra i governi Lula e Biden in politica estera e la
vicinanza fra gli esecutivi Netanyahu e Bolsonaro. Analoga
risoluzione presentata da Malta è stata invece votata il 15
novembre 2023 sotto la presidenza della Cina. Fra approvazione e
applicazione c’è peraltro un abisso e comunque la lentezza con cui
tutto si muove stride con la rapidità con cui le bombe cadono, le
vite si spengono, la devastazione cancella le tracce di
incivilimento. A fine 2023 il Brasile e alcuni altri paesi membri
non permanenti termineranno il loro mandato biennale; in questo
scorcio di tempo la diplomazia dell’Itamarati continua a spendersi
per consolidare soprattutto la collaborazione e l’indipendenza di
tale gruppo di paesi. (Teresa Isenburg)
segue
Tutti gli approfondimenti sul Brasile
a questo link
|
Cuba, nuovo voto dell'Onu contro il bloqueo
(3/11/2023)
Anche quest'anno l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, riunita
il 2 novembre, ha
chiesto in modo quasi unanime di "porre fine all'embargo economico,
commerciale e finanziario" imposto dagli Stati Uniti contro Cuba.
187 i voti a favore, solo due contrari (Usa e Israele) e un'astensione
(Ucraina). Un successo importante per l'isola, sottoposta
da decenni a un vero e proprio atto di guerra in tempo di pace. Ma
un successo simbolico, perché destinato a rimanere lettera morta di
fronte alla volontà statunitense di perseguire con questo
strumento il suo obiettivo: "annullare la capacità del
governo di rispondere alle necessità della popolazione, creare
una situazione di ingovernabilità e distruggere l'ordine
costituzionale", come ha denunciato il ministro degli Esteri
dell'Avana Bruno Rodríguez.
segue
Su Cuba v. anche:
Cuba se mira en el espejo palestino
|
Argentina, El loco Milei vince il ballottaggio
(21/11/2023)
Ha vinto Javier Milei, El loco (dal titolo della
biografia che su di lui ha scritto il giornalista Juan Luis
González). L'anarcocapitalista ha ottenuto al ballottaggio il 55,6%
dei voti con un programma di apertura assoluta al mercato, che farà tabula rasa dei diritti dei
lavoratori e di ogni aiuto dello Stato verso gli strati più
svantaggiati. Tra quanti subiranno le conseguenze di questa politica neoliberista
all'eccesso ci sono anche molti dei suoi elettori, sedotti dalle
parole d'ordine contro la casta e dalle promesse di miracolose
soluzioni alla grave situazione economica del paese.
segue
V. anche:
Occidente nazi-friendly
|
|
6 novembre 2023
Il modo più sicuro di prevenire lo sfruttamento dell’ambiente
in situazioni di guerre e conflitto armato (tema al quale le
Nazioni Unite dedicano da alcuni anni la data del 6 novembre) è di
non promuovere né guerre né conflitti e comunque di fare di tutto
per spegnerli se per disgrazia essi esplodono. Ma si sa che le cose
non vanno così e che il desiderio di guerreggiare divora le menti,
inaridisce i cuori, porta a compiere qualsiasi bassezza.
Vorrei ricordare alcuni fatti che hanno di poco preceduto la
devastazione dell’Iraq, iniziata il 20 marzo 2003 con
l’invasione del territorio da parte di una coalizione guidata dagli
Stati Uniti. A motivazione di quel progetto, in assenza di
prove che potessero in qualche modo giustificare un'aggressione
militare, dopo l’altrettanto non giustificato attacco
all’Afghanistan del 7 ottobre 2001, si affermava che l’Iraq di
Saddam Hussein disponesse di armi di distruzione di massa
vietate a livello internazionale. Il controllo di tali ordigni è
responsabilità delle OPCW/Organisation for the Proibition of
Chemical Weapons, un'agenzia autonoma, ma collegata e
coordinata con le Nazioni Unite. La questione delle armi chimiche
aveva richiamato l’attenzione dopo la I Guerra Mondiale,
quando l’uso dell’iprite, gas ulcerante e accecante, aveva reso
invalidi molti soldati. Ma solo verso la fine del XX secolo
un'organizzazione specifica riusciva a diventare operativa. (Teresa Isenburg)
segue
|