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La rivoluzione brasiliana e la questione del potere

Si è tenuta a Fortaleza (Ceara) fra il 13 e il 17 novembre la V Assemblea Nazionale della Consulta popolare per un progetto popolare per il Brasile. Tale Consulta è un collegamento fra i movimenti sociali nato nel 1997, con lo scopo di mantenere i contatti fra forze politiche e sociali per elaborare una strategia e un progetto teoricamente fondati, volto a dare una risposta alle esigenze e alle speranze dei vasti strati popolari del paese. In tale sede il vicepresidente del PCdoB/Partito Comunista del Brasile, Walter Sorrentino, ha svolto un intervento di spessore, che aiuta a capire la situazione del Brasile stravolto dal colpo di Stato parlamentare dell’agosto 2016 e propone un progetto politico per il Brasile democratico. Il PCdoB è un partito che ha fatto parte di tutti i governi di centro sinistra dal 2003 al 2016, ha avuto incarichi di governo significativi, ha un gruppo di deputati e senatori federali e una presenza di un certo peso nelle amministrazioni statali e municipali; del PCdoB è il governatore dello Stato di Maranhão, Flavio Dino. Si traduce parte consistente di tale intervento, utile non poco anche per un lettore italiano. (T.I.)

Sono grato per l’invito alla V Assemblea nazionale della Consulta popolare, di cui accompagno l’elaborazione da venti anni a questa parte. Ho letto con la dovuta attenzione le tesi che sono in discussione fra di voi. A differenza di altri momenti della sinistra brasiliana mi sono fermato sui punti comuni fra di noi, che sono molti e generosi. Desidero qui mettere in risalto la centralità della questione nazionale nell’articolazione degli assi strategici della rivoluzione brasiliana, in primo luogo sotto la prospettiva di una nuova lotta per il socialismo.

Il Brasile è prigioniero di una trappola, la trappola del medio sviluppo e del reddito. Si è costituito un incrocio storico dopo l’esaurimento del nazional-sviluppo, la cosiddetta Era Vargas, a partire dagli anni Ottanta. O il Brasile supera questo empasse o la nazione si degrada, subordinata alle catene globali di valore e alla divisione internazionale del lavoro, sotto l’egemonia della rendita, della globalizzazione neoliberista e imperialista. Una crisi di progetto, una crisi di futuro, quando i temi strategici tornano all’ordine del giorno.

La strategia della rivoluzione brasiliana si è sempre articolata in tre copiosi fiumi con l’obiettivo dell’affermazione del Brasile e nel, caso della sinistra, del socialismo. Tutto questo dibattito è polisemico, ma i tre assi sono il nazionale, il popolare e il democratico, relativi allo sviluppo nazionale, alla distribuzione del reddito e all’inclusione sociale e alla libertà per il popolo di organizzarsi politicamente. Il dibattito è girato maggiormente attorno alla centralità che sviluppa i tre rami e ha segnato periodi diversi della sinistra brasiliana, costituendo cicli con egemonie differenti: dal 1922 fino agli anni ’60 è prevalsa l’egemonia dell’asse nazional-popolare. Il nazional-sviluppismo (desenvolmentismo) ha avuto successo e ha visto l’egemonia nazionalista del PTB/Partito Laburista Brasiliano di Getulio Vargas. I comunisti ne discutevano avendo presente gli interessi popolari e democratici. Il colpo di Stato militare del 1964 e la lotta contro la dittatura ha dato inizio a una fase di centralità strategica della questione democratica e sociale. Prevalse il PT/Partito dei Lavoratori, con la questione sociale: cittadinanza democratica, distribuzione del reddito e inclusione sociale.

Il ciclo di governi progressisti (2003-2016) deve essere anch’esso analizzato criticamente sotto questa luce. Voi affermate che l’errore strategico centrale è stato l’abbandono della strategia di conquista del potere e collegate ciò alla subordinazione degli interessi dei lavoratori alla borghesia, causa e conseguenza dell’allontanamento dalla lotta per il potere di Stato. Voglio discutere su questo, sottolineando maggiormente l’insufficienza strategica delle concezioni liberali sul carattere di classe dello Stato.

Consideriamo prevalentemente positivo il lascito di questo ciclo. Ma come vedo la catena di errori, lacune e insufficienze? In complesso non si è veramente costituito un Progetto di potere in grado non solo di vincere le elezioni, ma di aprire un ciclo prolungato di trasformazioni storiche in Brasile, sotto diverse configurazioni politiche e istituzionali, con un Nuovo progetto nazionale di sviluppo/NPND e una strategia matura che ponga sul tappeto la questione delle riforme strutturali dello Stato per educare politicamente il popolo e disputare nella società condizioni più favorevoli di correlazioni di forza.

Non era possibile fondare un progetto di potere senza un progetto nazionale definito, ciò che mostra che vi è stato un deficit significativo di elaborazione. Sarebbe forzato, come in parte si ritiene, considerare il neo sviluppismo come un Nuovo progetto nazionale di sviluppo. Il fronte neosocial-sviluppista è stato il veicolo per l’obiettivo centrale strategico del PT, la cittadinanza democratica e le conquiste sociali con distribuzione di reddito e politiche pubbliche audaci, attraverso la fidelizzazione elettorale di grandi masse popolari, il tutto aiutato dalle circostanze economiche mondiali pre-crisi. La questione nazionale è venuta dopo, è stata parziale e non si è completamente imposta nella riflessione strategica. In questo vi era differenza fa PT da un lato e PCdoB, PDT (Partito Democratico Laburista) e PSB (Partito Socialista Brasiliano) dall'altro.

Collegata all'assenza di un Progetto nazionale, la strategia non è stata, né poteva essere, matura. Non si aveva bisogno solo di piani di governo, ma di definire in modo preciso le tappe e le fasi necessarie, le alleanze sociali e politiche che ogni fase richiedeva, il ruolo dello Stato e del mercato, così come il posto della Sinistra nelle alleanze per questa costruzione. Due esempi: sul piano economico abbiamo utilizzato la fionda del neo-keynesianismo – politiche cicliche e anticicliche - invece di un arsenale più potente per la reindustrializzazione e una macroeconomia per lo sviluppo, e inoltre lo abbiamo maneggiato con schematismo, senza una chiara visione della crisi mondiale del capitalismo e della situazione fiscale dello Stato. Dal punto di vista politico, la questione delle alleanze: l’idea di una coalizione, fin dal tempo di José Dirceu, era necessaria, ma mantenendo come centro un nucleo di sinistra che la guidasse. Fin dalla Lettera ai Brasiliani (di Lula del 2002) non vi è stato questo nucleo e nel 2006 Lula ha fatto l’opzione politica di scartarla, anche nella base di appoggio nel Congresso. Pesava in questo l’esclusivismo del PT nella disputa politica, ciò che rendeva difficile la necessaria egemonia per togliere le barriere al Progetto, che di fatto finì consegnato al professionismo del PMDB (Partito del Movimento Democratico Brasiliano).

Ma le carenze strategiche sono state le gravi illusioni e l’acuta mancanza di visione al riguardo del carattere di classe conservatore dello Stato brasiliano e gli ostacoli che questo comportava per il Progetto nazionale. E’ mancata un’agenda corretta al riguardo dello Stato. Il carattere di classe dello Stato è stato approfondito nel neoliberismo, in funzione del dominio finanziario e della globalizzazione imperialista, e il ciclo è rimasto legato in diversi adeguamenti funzionali a un altro progetto di paese.

Dal punto di vista del PCdoB abbiamo delle autocritiche. La difesa della democratizzazione dello Stato brasiliano è stata debole. Il PCdoB aveva evidenti divergenze, chiedeva insistentemente riforme strutturali democratiche, ma non le ha definite, né si è confrontato in pubblico con il falso repubblicanesimo che serpeggiava nei governi Lula e Dilma. Abbiamo difeso tutte le opinioni critiche che ho indicato, ma non abbiamo riunito forze sufficienti né spazi corrispondenti a un nucleo centrale di sinistra nella formulazione della conduzione politica ed economica. E' risultato chiaro che l’alleanza sul piano nazionale dal 1989 con il PT, insieme al successo politico e ai risultati soddisfacenti, ha anche portato conseguenze negative per la diluizione dell’identità e della visibilità del Partito. Si è aperto un interregno fra la fine del ciclo della Nuova Repubblica (sancito dalla Costituzione del 1988) e la riconfigurazione programmatico-organizzativa della sinistra brasiliana. La Sinistra deve ritrovarsi, alla luce dell’esperienza, con una strategia nazionale, popolare e democratica, nelle condizioni del mondo e del Brasile di oggi e delle sue tendenze.

Il pensiero strategico del PCdoB consiste essenzialmente nel porre di nuovo la centralità della questione nazionale come asse che articola la questione democratica e popolare, nelle condizioni del Brasile e del mondo; e nel costruire un Fronte strategico che possa impugnare per la sinistra la bandiera dello sviluppo nazionale sovrano. Questi sono i nostri cammini per una nuova lotta per il socialismo. La centralità discende dalla classica caratterizzazione delle forze rivoluzionarie in paesi dipendenti, nel contesto delle lotte di liberazione nazionale, come Cina (“Il socialismo salvò la Cina”) e Cuba (“Patriottismo con giustizia sociale”), in cui il socialismo diventa garanzia dell’esistenza della nazione indipendente.

Il PCdoB propone di costruire in Nuovo progetto di sviluppo nazionale/NPDN al quale concorrano tutte le lotte di classe dei lavoratori a sostegno di un progetto che comprenda Nazione (sviluppo), Produzione (reindustrializzazione), Lavoro (redditi del lavoro e distribuzione delle ricchezze) ed Educazione, punto di base per elevare il modello delle vita materiale e spirituale del popolo. L’idea di una nuova alleanza nazional-popolare-produttivista è la base di una rinnovata coalizione che riprenda il progetto nazionale, nella prospettiva della via brasiliana al socialismo.

Lo sviluppo è la grande bandiera dell’epoca attuale nei paesi in sviluppo. E' la questione primaria perché il Brasile possa rispondere agli interessi più immediati del popolo e aprire il passo a un nuovo livello di civiltà della nazione. Nel mondo vi è un potenziale immenso delle forze produttive in sviluppo disordinato, ma il neoliberismo e il suo vertice egemonico, il sistema finanziario, approfondiscono ad una nuova scala lo sviluppo diseguale e coordinato del capitalismo, condannando alla periferia o alla semiperiferia le nazioni subordinate alle catene globali di produzione e di divisione internazionale del lavoro. Da qui emergono le grandi contraddizioni dell’epoca e la grande aspirazione dei popoli e delle nazioni. Non si può separare la lotta contro il neoliberismo e la lotta contro la neocolonizzazione nel paesi in sviluppo per salvaguardare l’indipendenza, l’autodeterminazione e lo sviluppo nazionali.

La definizione di un Nuovo progetto di sviluppo nazionale/NPDN è quindi fattore indispensabile per formulare una strategia matura e un vero progetto di potere sotto l’egemonia di forze avanzate. Non è una piattaforma elettorale per vincere le elezioni (sebbene la contenga), ma un progetto di potere per un ciclo di 25-30 anni di sforzi persistenti in tale direzione. Comprende alleanze, tattiche e strategiche, avendo come nucleo l’unità della sinistra politica e sociale, come base per unire vaste forze politiche, sociali, intellettuali, di affinità progressista, patriottica e democratica sotto le bandiere della sinistra.

Il ruolo dello Stato nazionale forte e capace di garantire l’autodeterminazione è fondamentale. In presenza delle forze così potenti del sistema finanziario e dell’imperialismo, come non fare conto sul peso dello Stato nazionale? Ma il Nuovo progetto di sviluppo nazionale si può consolidare solo con uno Stato sotto una sovranità democratica e popolare. La borghesia nazionale non vuole, non può e non rivendica la guida del blocco politico storico per un terzo passo di civilizzazione in Brasile. Al contrario, essa ha un basso sentimento nazionale, è socia nell’accumulazione finanziaria e agisce come classe nel conflitto distributivo. Ma fra il popolo è forte il sentimento di nazionalismo popolare. E' compito del lavoratori dirigere il progetto in difesa della nazione e dello sviluppo sovrano. In questa direzione, il centro della strategia è l’egemonia e la condizione sine qua non per il successo la costituzione di un potere di Stato democratico e popolare. Ma l’egemonia è costruita prima, durante e anche molto dopo avere raggiunto ciò. E' attraverso l’analisi rigorosa della realtà concreta e delle lotte di classe nella società che si decidono gli obiettivi principali e secondari, le forme di lotta e le alleanze temporali e prolungate. E' attraverso la politica che si apriranno le strade per questa nuova giornata, per fermare l’insediamento di un nuovo ordine ultraliberista, autoritario e neocoloniale in corso nel paese.

Passo ora ad altra questione strategica, la necessità di una forza politica organizzata, definita dal punto di vista ideologico, programmatico, politico e organizzativo senza la quale non si crea un blocco storico per un terzo ciclo di civilizzazione brasiliano e non si costruisce il necessario fronte strategico. Il PCdoB è esplicito: oggi in Brasile nessuna forza di partito singola è isolatamente capace di questa egemonia. E' necessario riconfigurare la sinistra brasiliana da un punto di vista pragmatico e organizzativo. La forza sarà costituita con una strategia frontista: fronte ampio per resistere e sconfiggere l’offensiva neoliberista con la bandiera della speranza.

Termino con altre due questioni di natura culturale ideologica per la costruzione strategica della centralità della questione nazionale. Mi riferisco al dibattito su nazionalismo, cosmopolitismo, internazionalismo e multiculturalismo. L’ideologia dominante nel neoliberismo è il cosmopolitismo, non il nazionalismo. La lotta per autodeterminazione nazionale, indipendenza e sovranità nazionale per lo sviluppo nel caso dei paesi dipendenti - e anche nell’Europa dell’euro oggi – è interamente internazionalista dal punto di vista della lotta per il socialismo e sono bandiere della sinistra! D’altro lato le lotte di classe dei lavoratori oggi si svolgono con la frammentazione delle stesse per assenza di progetti realizzabili per uscire dalla crisi capitalista e per la cosiddetta “mancanza di alternative” al neoliberismo (cosa che l’esperienza della Cina nega). Oggi spadroneggia in Brasile il rigetto della politica che si estende alla forma partito.

Oggi inoltre noi assistiamo non all’indebolimento dello Stato nazione, ma anzi al rafforzamento del carattere di classe borghese dello Stato in una scala inimmaginabile. Nel neoliberismo e nella globalizzazione imperialista lo Stato nazionale borghese non si eclissa, si trasforma. E' di moda ignorarlo come terreno di confronto, una concezione essenzialmente anarchica, liberale o depoliticizzata dello Stato che alimenta l’antipolitica. La sinistra occidentale in gran parte, inclusi i comunisti, è lontana da questi dibattiti, sotto il peso dello schema multiculturalista in cui predominano i temi di identità, costumi e comportamenti. Le contraddizioni in atto vanno incorporate e legate a un progetto nazionale di sviluppo, base per illoro superamento, è necessario un senso di classe in tutte le lotte e bisogna assicurare l’unicità del popolo brasiliano, impedendo la sua frammentazione in identità distinte. (16/11/2017)

Fonte: www.consultapopular.org.br

Traduzione e introduzione di Teresa Isenburg

 

Latinoamerica-online.it

a cura di Nicoletta Manuzzato