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Brasile, contagio sanitario-istituzionale

Provo a comunicare alcune informazioni sulla situazione brasiliana così come si è manifestata nelle ultime settimane, fra il 24 marzo e il 7 aprile. La cosa non è facile perché nel quadro sia sanitario che istituzionale si sovrappongono vari piani e attori di opere diverse appaiono contemporaneamente sulla scena. L’informazione è in parte volutamente occultata mentre galoppano fake news e fantasie. Il signor Bolsonaro il 24 marzo a reti unificate ha emesso un pronunciamento negazionista su virus e contagio, incitando al ritorno al lavoro e all’apertura delle attività. Posizioni ripetute nel giorno seguente e moltiplicate con messaggi sui social bloccati peraltro da Facebook, Twitter e Instagram (cosa mai successa al mondo il blocco di un messaggio di un'autorità di primo piano!). In questo contesto parte dei componenti dell’esecutivo appartenenti alla riserva della forze armate hanno, venerdì 3 aprile, “stabilito” che il ministro della Casa Civile (funzione simile, con tutti i distinguo, a quella di sottosegretario alla presidenza del Consiglio) generale Walter Braga Neto svolgesse la funzione di presidente operativo (istituzionalmente, come ovvio, non prevista dalla Costituzione né da altro strumento).

Domenica 5 aprile il signor Bolsonaro, assieme ai sacerdoti padroni delle megachiese neopentecostali, ha chiamato a un grande digiuno per scacciare il diavolo coronavirus. Lunedì correva insistente voce che il signor Bolsonaro avrebbe licenziato il ministro della Salute Luiz Henrique Mandetta, che segue le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, per sostituirlo con il deputato Osmar Terra, detto Terra Plana, il che già dice tutto. Nelle stanze occulte dei palazzi è stato posto un freno e nella sera di lunedì Mandetta ha fatto una conferenza stampa spiegando che restava, che l’isolamento rimaneva, che la quarantena era confermata. Intanto i governatori degli Stati, che hanno competenza in materia sanitaria, agiscono in modo autonomo. Tre crisi dunque si sommano: la catastrofe sanitaria, lo sfaldamento istituzionale e, grave, uno scontro diplomatico con la Cina alimentato in prima linea dalle dichiarazioni offensive del senatore Flavio Bolsonaro e dell’oscurantista ministro dell’Educazione Abraham Weintraub. La Cina è il principale partner commericale del Brasile. Le misure di sostegno ai redditi dei lavoratori formali e informali che da un giorno all’altro si trovano senza entrate sono lente e difficili da applicare.

Si riportano alcuni articoli con qualche informazione per orientarsi un po’ e un testo del giornalista Luis Nassif che contestualizza in modo preciso la gravissima crisi istituzionale e di rapporto fra i poteri che paralizza i processi decisionali che il momento richiede. Mi permetto di aggiungere che, nel corso di quattro anni di eversione (dal 4 marzo 2016, quando vi è stato il primo tentativo di sequestro di Lula) in poi, la cosiddetta comunità internazionale dei paesi a sistema parlamentare dell’Occidente (abitualmente sollecita a irrogare minacce, richiami, sanzioni) nulla ha visto, nulla ha detto, nulla ha fatto. (T.I. 8/4/2020)

Militari del governo Bolsonaro trattano il ministro della Casa Civile come interventor nel Planalto

Dopo avere evitato il licenziamento di Mandetta, Braga Neto e Mourão (vicepresidente) sono bersaglio della milizia digitale bolsonarista. La cattiva gestione politica contamina la lotta al coronavirus (…) La pandemia raggiunge almeno 12.200 brasiliani con 567 morti (i dati sono molto imprecisi). Secondo i militari del governo, la dimissione di Mandetta avrebbe rafforzato i governatori che fanno un braccio di ferro con Bolsonaro, come João Doria a San Paolo e Wilson Witzel a Rio. Ma l’ala ideologica del governo, il cosiddetto “gabinetto dell’odio”, non è contenta del potere concesso ai militari nella squadra e ora nella gestione del Covid-19. Il generale Mourão difende Braga: “Non sta controllando nessuno, ma sta solo facendo la vera governance. Braga Neto fa quello che sappiamo: mettere ordine nella casa, coordinando le azioni ministeriali, in modo che vi sia sinergia, cooperazione e di conseguenza gli sforzi del governo siano efficaci”.

Fonte: Brasil 247, 7/4/2020

C’è del metodo in questa pazzia: Bolsonaro contrattacca

Wilton Cardoso Moreira

Confesso che è difficile raziocinare freddamente quando le nostre vite, e soprattutto quelle delle persone a noi vicine, possono essere minacciate, ma andiamo avanti. Ho sottostimato nell’affermare, in un articolo di una settimana fa (poco dopo metà marzo) che la caduta di Bolsonaro era sicura e vicina.

Oltre alla guerra contro il coronavirus vi è un’altra guerra non dichiarata nel paese, fra l'estrema destra neofascista/bolsonarista e la destra élitaria che comprende il grande centro, il STF/Supremo Tribunale Federale e il STJ/Superiore Tribunale di Giustizia, parte delle cupole delle forze armate e il grande capitale nazionale, dall’agrobusiness, passando dalla banca e dalla grande stampa. I soldati di Bolsonaro sono la classe media fascista, imprenditori stralunati (alcuni grandi e la maggiornaza medio-piccoli) e gli evangelici.

La guerra è ideologica, per i cuori e le menti del popolo, confrontandosi su due preoccupazioni parimenti care alle popolazione: la salute e il lavoro senza il quale le persone non sopravvivono. Con o senza isolamento, il coronavirus provocherà morti e probabilmente caos nei servizi di salute, soprattutto nelle grandi città. La proporzione fa la differenza: senza isolamento ci sarà un massacro e morti per centinaia di migliaia. Bolsonaro lo sa. E sa che governatori e sindaci gli disobbediranno e manterranno la quarantena (…) Bolsonaro è stato incapace di gestire la crisi sanitaria (…) E lo sa, e sa anche che l'élite di destra butterà la responsabilità sulle sue spalle (…)

Cosa fa adesso con il discorso di martedì 24 marzo e di mercoledì mattina? Parte al contrattacco e accusa l'élite di destra, nella figura di governatori e sindaci, Congresso, stampa e STF di provocare isterismo nella popolazione, di paralizzare il paese e provocare la crisi economica che verrà (…) Siccome ci saranno morti e il sistema di salute sarà sovraccarico, Bolsonaro potrà dire che l’isolamento non è servito a niente, che le persone sarebbero morte in ogni caso e scaricherà la crisi economica che verrà (e sarà terribile) sulle spalle dell'élite di destra.

Bolsonaro sta, come sempre, scommettendo sul caos e sullo scontro, locus fascista per eccellenza, in cui si sente più a suo agio. 

Fonte: GGN, 26/3/2020

Il Consorzio Nordeste crea un Comitato scientifico di guerra contro il coronavirus

Il consorzio degli Stati del Nordeste, che da diversi mesi coordina la vasta regione dopo che il governo federale ha ridotto i trasferimenti a cui è obbligato, ha dato vita a un comitato scientifico coordinato dal neuroscienziato di livello internazionale Manuel Nicolelis e dall’ex ministro per la Scienza e la tecnologia Sérgio Resende. Si può seguire il lavoro del comitato attraverso i regolari bollettini disponibili online.

Effetti ambientali della quarantena

Iniziata il 24 marzo, la quarantena a San Paolo ha ridotto di circa il 50% l’inquinamento dell’aria come mostrano i dati atmosferici della Cetesb/Compagnia ambientale dello Stato di San Paolo, che comparano i periodi 15-21 marzo e 22-28 marzo. Oltre agli inquinanti primari legati alle emissioni dei veicoli, le polveri MP10 sono scese del 30%. Secondo Maria de Fatima Andrade, dell’Istituto di Astronomia della Usp/Università di San Paolo la diminuzione è stata maggiore nella regione centrale della città. Naturalmente i dati vanno analizzati e interpretati su un periodo più lungo.

Fonte: http://www.jornaldaciencia.org.br 7/4/2020

Il coronavirus e la comorbilità delle istituzioni

Luis Nassif

Non parliamo dei sospetti che circondano la famiglia Bolsonaro per l’assassinio della consigliera comunale Marielle Franco. Limitiamoci alla storia delle irripetibili battute misogene, al fatto di infettare persone all’ingresso del palazzo, alle offese gratuite a tutto e a tutti, ai ripetuti oltraggi alla decenza. Che cosa salva Bolsonaro?

Non si tratta di un presidente normale, come erano i deposti Fernando Collor o Dilma Rousseff, o i quasi deposti Fernando Henrique Cardoso e Lula, o José Sarney e Itamar Franco. È un presidente circondato da sospetti, che mette in pericolo la vita di milioni di persone.

E  perché le istituzioni non agiscono?

I poteri e la deposizione di Dilma. Ciò che salva Bolsonaro è il fatto che  Supremo Tribunale Federale/STF, Ministero pubblico federale/MPF, Congresso e mezzi di comunicazione hanno banalizzato l’istituto della deposizione nel caso di Dilma Rousseff. La riduzione a tema di partito della questione, le manovre del STF nelle votazioni, il ruolo della PGR/Procura generale della Repubblica e della Lava Jato, sposando operazioni con eventi politici, sono stati qualcosa di così basso, così disprezzabile – sul piano costituzionale e politico – che ha reso estremamente alto il prezzo della ripetizione della deposizione, anche in un caso di necessità urgente, come quello di Bolsonaro, che minaccia la salute dell’intera nazione.

Vi era tutta una motivazione ideologica, tutto un gruppo ferocemente chiuso nella difesa del documento del PMDB/ Partido do Movimento Democrático Brasileiro, Ponte per il Futuro, e della distruzione di diritti e reti di protezione sociale.

Prima di Bolsonaro, nel caso di Michel Temer, vi erano motivi ben più solidi per la deposizione, indizi chiari di crimini commessi. C’è una conversazione con il corruttore Joesley Baptista (della JBS S.A, già potente industria di proteine animali) che indica un intermediario. Il giorno seguente l’intermediario è filmato all’uscita di un incontro con 5 milioni di reais in una valigia. E oggi Temer gode di una giusta pensione, interrotta ogni tanto da qualche incontro amichevole con Bolsonaro. L’interpretazione ufficiale è che i dialoghi fra i due non erano conclusivi. Gilmar Mendes, che in precedenza era arrivato al punto di chiedere la cassazione del PT/Partito dei lavoratori, adesso ha avuto il buon senso di consigliare che la deposizone non può essere confusa con un'azione di sgorgo.

Nella storia della Repubblica non vi è parallelo con il comportamento del STF e del MPF nel violentare la Costituzione. In altri tempi ministri e procuratori si piegavano al potere di persuasione delle armi. Nella deposizione di Dilma sono stati loro stessi agenti politici stimolati dai riflettori dei mezzi di comunicazione. L’immagine del decano Celso de Mello (addirittura lui!) mentre famigliarizza con popolari in uno shopping è stato il più chiaro segnale del deteriorarsi del Supremo e dell'apertura di spazi per agenti opportunisti, ministri che avevano deciso di cavalcare l’onda antipetista.

E adesso? Il prezzo dell’autodemoralizzazione nell’episodio della deposizione è stato l’indebolimento del Supremo come difensore della Costituzione e come freno agli abusi di Bolsonaro.

Il ruolo di Luis Roberto Barroso. Nessun ministro è stato più deleterio per la democrazia e più essenziale per il fenomeno Bolsonaro di Luis Roberto Barroso.

Fin dall’inizio ha agito in modo ideologico, strumentalizzando il punitivismo della Lava Jato per i suoi propri fini. Ha scelto come guru economico Flávio Rocha del grupo Riachuelo, brillante come la luce di um paralume lilla. Ha manipolato le statistiche della disoccupazione, quelle carcerarie, vendendo l’idea che i giudici, agendo in modo punitivo e aprendo spazio per la disattivazione delle politiche sociali, avrebbero portato un nuovo “illuminismo” nel paese. Con questo discorso è stato il principale responsabile della giustizia partitaria (di partito), in difesa di un liberalismo zoppo e primitivo, di cui fu cerimoniere con le sue conferenze piatte come una piscina per bambini, ma che sensibilizzavano un pubblico intellettualmente altrettanto piatto come la sua sociologia da quarta di copertina.

In questo periodo l’“illuminismo” è venuto sotto forma di tagli ai fondi del SUS/Sistema unico di salute, dei fondi per le università e la ricerca, nella riduzione del programma Bolsa Familia, negli attacchi al Benefici di pensione continuativa/BCP che garantivano i più vulnerabili fra i vulnerabili, nell'interruzione del programma di produzione di medicine e prodotti sanitari, nella demolizione dell’industria navale, nella vendita a pezzi di sussidiarie essenziali della Petrobras e nell’indebolimento di qualunque settore statale. Anzi, buona parte della demolizione della sanità è stata guidata dall’attuale ministro Luiz Henrique Mandetta, con la fine di +Medicos e riduzione del trasferimento di risorse al SUS.

È il momento di analizzare meglio le relazioni di causa/effetto, per non supporre che il discorso del nuovo “illuminismo” fosse solo una ridicola manifestazione di un ministro (del STF) poco informato su storia, economia e sociologia.

Il Brasile è divetato più vulnerabile nelle reti di protezione sociale, nell’autosufficienza di prodotti sanitari, nell'informalità del lavoro, nell'espansione senza limiti del modello Uber. Insomma in tutti i fattori che ora mostrano la vulnerabilità del paese di fronte al coronavirus.

Le istituzioni tacciono. E adesso? Il Supremo si manifesta nelle espressioni di solidarietà di un Ricardo Lewandowski, un Gilmar Mendes, un Marco Aurélio de Mello. Barroso, il coraggioso profeta delle posizioni unanimi, ha avuto l’inedito coraggio di esprimersi a favore della quarantena “in difesa dei vulnerabili”, dopo che ha percepito nel suo circolo l'unanimità a favore della tesi (…) Questa incapacità di contrariare le unanimità è il peggior tratto di un ministro di un potere che dovrebbe essere fondamentalmente contro il maggioritario. Ed è stato il maggior peccato di un Supremo pusillamine. Ma non solo loro.

Il coraggiosissimo MPF, capace di aprire indagini senza esserne richiesto, basandosi in reportage senza fondamento, capace di ordinare l’arresto di 36 funzionari del BNDES/Banco nazionale di sviluppo economico e sociale, di commettere i più svariati abusi, è caduto in trance.

Autocritica per gli abusi della tappa precendente, o anche solo ripensamento? In presenza di un avversario nell'impossibilità di difendersi, con l’alibi del “repubblicanesimo”, il MPF praticava un coraggio senza rischio, sfilando sulla passerella dei mezzi di comunicazione con le sue denunce, indagini, arresti, operazioni a destra e manca. E ora? A volte appare un procuratore con un po’ più di iniziativa, per una o altra misura secondaria.

Ma il modello è il coraggioso viceprocuratore generale elettorale Renato Brill de Goés che pretende di porre fine, con un colpo di penna, a un partito che ha avuto 47 milioni di voti. Non si tratta più di cassare politici coinvolti in operazioni sospette, ma un intero partito. Siamo seri!

Questa settimana il MPE/Ministero pubblico statale di San Paolo ha denunciato il PSDB/Partito della socialdemocrazia brasiliana per corruzione elettorale in un periodo lungo che va da José Serra a Geral Alkmin, governatori. A sua volta la giustizia statunitense ha menzionato una televisione brasiliana coinvolta in tangenti per i diritti di trasmissione della Copa Brasil. La Copa è stata trasmessa dalla Globo. Qualcuno immagina il coraggioso Brill de Goés chidere la cassazione del PSDB? (…)

Il fatto è che Bolsonaro, il rude, il selvaggio, l’anticiviltà, l’antiscienza è stato eletto con il contributo fondamentale delle istituzioni. Si potrebbe allegare che si è trattato di un incidente di percorso. Ma chi cerca la strada della rottura della legalità, ha la probabilità di incontrare un lupo della foresta al prossimo sentiero. C’è davanti a noi una penosa ricostruzione che passa non solo dalla fine del bolsonarismo, ma dalla fine della comorbilità delle istituzioni.

L’unica fortuna, finora, è che la persona incaricata di un intervento razionale nel governo è un generale della riserva, non in esercizio. Almeno questo.

Fonte: GGN, 8/4/2020

Traduzione e introduzione di Teresa Isenburg

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a cura di Nicoletta Manuzzato