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6 novembre 2023

Teresa Isenburg

Il modo più sicuro di prevenire lo sfruttamento dell’ambiente in situazioni di guerre e conflitto armato (tema al quale le Nazioni Unite dedicano da alcuni anni la data del 6 novembre) è di non promuovere né guerre né conflitti e comunque di fare di tutto per spegnerli se per disgrazia essi esplodono. Ma si sa che le cose non vanno così e che il desiderio di guerreggiare divora le menti, inaridisce i cuori, porta a compiere qualsiasi bassezza. Vorrei ricordare alcuni fatti che hanno di poco preceduto la devastazione dell’Iraq, iniziata il 20 marzo 2003 con l’invasione del territorio da parte di una coalizione guidata dagli Stati Uniti. A motivazione di quel progetto, in assenza di prove che potessero in qualche modo giustificare un'aggressione militare, dopo l’altrettanto non giustificato attacco all’Afghanistan del 7 ottobre 2001, si affermava che l’Iraq di Saddam Hussein disponesse di armi di distruzione di massa vietate a livello internazionale. Il controllo di tali ordigni è responsabilità delle OPCW/Organisation for the Proibition of Chemical Weapons, un'agenzia autonoma, ma collegata e coordinata con le Nazioni Unite. La questione delle armi chimiche aveva richiamato l’attenzione dopo la I Guerra Mondiale, quando l’uso dell’iprite, gas ulcerante e accecante, aveva reso invalidi molti soldati. Ma solo verso la fine del XX secolo un'organizzazione specifica riusciva a diventare operativa.

Primo segretario venne eletto nel 1997 il candidato proposto dal Brasile, il diplomatico José Mauricio Bustani. Orientato dal multilateralismo come percorso per tessere le relazioni internazionali, Bustani si impegnava subito ad ampliare le adesioni all’organizzazione e iniziava anche un lavoro diplomatico paziente con il governo dell’Iraq, al quale la risoluzione 687 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 3 aprile 1991 aveva imposto la distruzione completa di tali armi. Eletto per il mandato 1997-2000, Bustani aveva ottenuto la riconferma per un secondo mandato e nei primi mesi del 2022 si apprestava ad ottenere l’ingresso dell’Iraq nell'organizzazione, dimostrando anche la non esistenza di armi chimiche di distruzione di massa nel paese. Così veniva negata la principale ipotetica “giustificazione” per un attacco all’Iraq. Ma questa buona notizia non incontrava l’appoggio dei signori internazionali della guerra.

A vent’anni da quei fatti che hanno avviato un lungo periodo di guerre, Bustani è ritornato sui retroscena che hanno reso vano il suo lavoro diplomatico che avrebbe potuto evitare una guerra terribile e foriera di infinite catastrofi. Infatti, attraverso una serie di atti intimidatori e illeciti, Bustani venne rimosso dall’incarico ad aprile 2021, immagini manipolate di finti impianti chimici clandestini iracheni vennero fatte circolare e il 20 marzo 2003 iniziava l’invasione dell’Iraq, la distruzione del paese, l’alimentazione di contrasti portatori di guerre civili e di diffusione di radicalismo cieco. Dedicare qualche momento ad ascoltare una delle diverse interviste di Bustani facilmente ritrovabili online o a guardare un film documentario molto intenso, A Symphony of a common man di José Joffily, in questi mesi in cui sembra che trionfi solo il dio della guerra ci ricorda che ci sono altre strade, in primo luogo non mentire né inventare prove false, rispettare le regole che vigono anche durante i conflitti e le occupazioni militari, non rinunciare mai ad allestire un tavolo che possa servire per trattare. Così anche i quadri ambientali che dalle azioni armate e militari vengono degradati possono sperare di non perire.

 

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a cura di Nicoletta Manuzzato