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Brasile, Lula fu un prigioniero politico

Teresa Isenburg

L’Organizazione delle Nazioni Unite/Onu ha comunicato ufficialmente giovedì 28 aprile che il suo Comitato dei Diritti Umani ha concluso che l’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva è stato vittima di un processo parziale dell’ex giudice Sergio Moro nell'operazione Lava Jato e che quindi è stato un prigioniero politico in Brasile. Dei 18 periti del Comitato dei Diritti Umani, 16 hanno concluso che l’ex presidente fu processato, giudicato e condannato in modo parziale, cioè con l’intenzione di incriminare. L’ex giudice Sergio Moro, ex ministro della Giustizia del governo di Jair Bolsonaro, ha anche violato i diritti politici di Lula nel 2018.

Nel documento emesso a Ginevra e reso pubblico il 28 aprile le Nazioni Unite esigono anche che il governo brasiliano traduca, pubblichi e divulghi ampiamente il contenuto della decisione inviata alla difesa di Lula e al governo federale. Entro 180 giorni le autorità brasiliane dovranno informare sulle misure prese per rendere effettive le esigenze presentate dall’Onu nel trovare una forma di riparazione.

I periti inoltre affermano che le autorità brasiliane hanno disatteso un'ingiunzione dell’Onu, emessa nell'agosto 2018, che chiedeva il mantenimento dei diritti politici di Lula fino a quando il caso fosse valutato dal Supremo Tribunale Federale/STF e che il merito fosse trattato a Ginevra. Tuttavia l’ingiunzione venne ignorata dal governo di allora di Michel Temer.

In una conferenza stampa del 28 aprile gli avvocati dell’ex presidente, Cristiano Zanin Martins e Valeska Teixeira Zanin Martins, hanno sottolineato la decisione dell’ONU come "storica e una vittoria non solo del presidente Lula, ma di tutti coloro che credono nella democrazia e nello Stato di diritto. Questa dunque è stata la posizione assunta dall’Onu e la accogliamo con molta gioia. Perché questo è un processo che abbiamo iniziato nel 2016 e che abbiamo attualizzato lungo il corso degli anni".

Secondo la difesa l’Onu ha accolto tutti gli elementi fondativi presentati fin dal primo comunicato all'istituzione il 28 luglio 2016. Nelle sessioni di giudizio tra il 28 gennaio e il 25 marzo l’ampia maggioranza dei periti ha riconosciuto le violazioni di diversi articoli del Patto Internazionale dei Diritti Civili e Politici, che trattano del diritto a un processo giusto e imparziale, del diritto alla privacy e dei diritti politici, tutti violati dalla Lava Jato nel caso di Lula, secondo la conclusione dei giudici della Corte Internazionale. La decisione del Comitato è obbligatoria e vincolante, dal momento che il Brasile è firmatario di tale Patto Internazionale.

Sei anni sono lunghi per un processo perché, come dice l’Ecclesiaste "per tutto c’è il suo tempo, c’è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo" e se il "suo tempo" non è colto possono darsi accadimenti che la freccia unidirezionale del tempo non permette di volgere indietro. I duri anni dal 2016 ad oggi per la maggioranza della popolazione brasiliana questo ci ricordano. Che la sentenza che alimenta una luce possibile di giustizia sia di restituzione della dignità offesa non solo per Lula, ma per i suoi fratelli feriti da processi politici e la mente va, per tanti altri, a Julian Assange e Abdullah Öcalan.

San Paolo, 28/4/2022

 

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a cura di Nicoletta Manuzzato