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Emergenza umanitaria ad Haiti

Duecento bande criminali che si disputano il potere in un paese immerso nel caos e dove lo Stato non è in grado di offrire alcuna protezione alla popolazione. È la situazione di Haiti, in preda a una vera e propria emergenza umanitaria: secondo il responsabile del Programma Alimentare Mondiale dell'Onu nella nazione caraibica, Jean-Martin Bauer, siamo di fronte a "una delle crisi alimentari più gravi al mondo", con quasi un milione e mezzo di persone "sull'orlo della denutrizione". Oltre 360.000 haitiani, la metà dei quali bambini, hanno dovuto abbandonare le loro abitazioni per sfuggire alla violenza, inaspritasi agli inizi di marzo quando, in un attacco sanguinoso delle pandillas al penitenziario di Port-au-Prince, 3.600 prigionieri sono riusciti a fuggire. Oltre alle carceri sono state attaccate caserme, banche, magazzini comunitari e persino il Palazzo Nazionale.

Le istituzioni sono praticamente inesistenti e il primo ministro Ariel Henry, che allo scoppio della crisi si trovava all'estero, non riesce a rientrare in patria perché il suo governo non controlla l'aeroporto della capitale. Anche il porto è in mano a gruppi criminali e navi e portacontainer non attraccano più. Al potere dal luglio 2021 dopo l'assassinio del presidente Jovenel Moïse, Henry aveva tentato di posporre all'infinito le elezioni, ma alla fine ha dovuto arrendersi e annunciare in un videomessaggio le sue dimissioni, che diverranno effettive quando verrà insediato un governo di transizione. La decisione è dovuta alle pressioni internazionali seguite a un incontro in Giamaica dei leader della Caricom, la Comunità dei Caraibi, del segretario di Stato Usa, Anthony Blinken, e dei rappresentanti di Francia, Canada e Onu. Intanto i gruppi armati più temibili, che si sono riuniti nella coalizione Viv Ansanm (Vivere Insieme) con alla testa l'ex poliziotto Jimmy Chérizier, detto Barbecue, hanno lanciato una sfida allo Stato minacciando la guerra civile. Le bande sono dotate di armi modernissime, provenienti soprattutto dagli Stati Uniti che su tale commercio non hanno mai posto alcun embargo.

Ma come si è arrivati a questa drammatica situazione, in quello che ha rappresentato il primo paese libero dell'America Latina e dei Caraibi? All'inizio del 1804, dopo una rivolta di schiavi, Haiti dichiarò l'indipendenza dalla Francia, ma ne ottenne il riconoscimento solo accettando di versare a Parigi un pesantissimo indennizzo: terminò di pagare nel 1947. Nel frattempo la potenza francese era stata sostituita dagli Stati Uniti, che invasero il paese nel 1915 e lo occuparono per 19 anni, appoggiando poi una serie di regimi finalizzati a proteggere i loro interessi (tra questi la sanguinaria dittatura dei Duvalier). Bisogna arrivare al febbraio 1991 per vedere il primo presidente democraticamente eletto, Jean-Bertrand Aristide, che chiese alla Francia riparazioni per il periodo coloniale e promosse alcune riforme per migliorare la situazione della popolazione più svantaggiata. La risposta fu un colpo di Stato militare meno di otto mesi dopo.

Aristide riuscì in seguito a completare il suo mandato e nel 2000 venne rieletto, ma nel 2004 fu vittima di un nuovo golpe: forze canadesi presero il controllo dell'aeroporto internazionale, mentre marines Usa sequestravano il capo dello Stato e lo mettevano su un aereo diretto verso la Repubblica Centrafricana. Con una risoluzione dell'Onu venne istituito il Core Group (formato da Stati Uniti, Francia, Germania, Spagna, Brasile, Canada, Unione Europea, Oea e Nazioni Unite), che da allora ha definitivamente sottratto alla popolazione haitiana ogni decisione sul suo futuro. Anche l'ultima parola sulla gestione degli aiuti internazionali dopo il disastroso terremoto del gennaio 2010, che provocò oltre 300.000 morti e un milione e mezzo di persone senza tetto, venne affidata ai delegati dei paesi donatori. Sempre nel 2010 la presenza della Missione di Stabilizzazione dell'Onu portò allo scoppio di un'epidemia di colera con oltre 10.000 vittime. E a quanto pare i sostanziosi fondi promessi per la ricostruzione non raggiunsero mai chi aveva veramente bisogno, visto che dieci anni dopo quella catastrofe gran parte dei terremotati viveva ancora in rifugi di fortuna e senza accesso all'acqua potabile. Una situazione aggravatasi nel 2021 a causa di un nuovo tremendo sisma e di una successiva tempesta tropicale.

Era stato scelto dal Core Group anche il defunto presidente Moïse, che aveva utilizzato mercenari nordamericani per reprimere le manifestazioni popolari contro il carovita e in politica estera aveva preso posizioni fortemente antichaviste. Nel 2021, però, era avvenuta la svolta: aveva allacciato relazioni diplomatiche con Mosca e posto le basi per un riavvicinamento a Caracas, mettendo in allarme l'alleato statunitense. Da qui gli avvenimenti del 7 luglio: uomini armati penetrarono nella sua residenza privata, uccidendolo. I killer, di nazionalità colombiana, erano stati contrattati dalla compagnia statunitense CTU Security, sospettata di essere implicata nel fallito attentato del 2018 contro Maduro. E a decidere che Henry avrebbe sostituito il capo di Stato assassinato non sono stati certo i cittadini haitiani, visto che nessuna elezione si tiene dal 2016. Come ha rivelato WikiLeaks nel 2008, le vere motivazioni alla base dell'ingerenza di Washington non sono certo quelle di aiutare un paese in difficoltà, ma piuttosto di prevenire "il risorgere di forze politiche populiste e contro l'economia di mercato". Esempio clamoroso: nel 2009 il Parlamento di Haiti aveva cercato di aumentare il salario minimo a 5 dollari al giorno, ma gli Stati Uniti erano intervenuti nell'interesse delle multinazionali, bloccando il progetto di legge.

Haiti dunque, la nazione più povera del continente, rimane a sovranità limitata. Un triste destino per un paese che ebbe il coraggio di ampliare agli ex schiavi il concetto di libertà della Rivoluzione Francese, inizialmente limitato ai bianchi, e che diede vita al primo Stato nero della storia moderna. (14/3/2024)

 

 

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a cura di Nicoletta Manuzzato