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Cile, un pinochetista alla presidenza Giovedì 11 settembre il Cile si era ritrovato unito nel ricordare Salvador Allende, il presidente abbattuto dal golpe del 1973. E la domenica precedente almeno duemila persone avevano raggiunto il Cementerio General di Santiago per commemorare le vittime della dittatura di Pinochet. In ottobre il Congresso aveva approvato il progetto di legge che creava il Registro de Personas Ausentes por Desaparición Forzada, riparazione simbolica per le famiglie dei tanti prigionieri politici di cui, dopo l'arresto, non si era saputo più nulla. Eppure, poco più di un mese dopo, il primo turno delle presidenziali mostrava un paese dove la destra era dominante. Il 16 novembre infatti, se al primo posto si affermava la comunista Jeannette Jara, sostenuta dalla coalizione di sinistra, subito dietro di lei si piazzava il pinochetista José Antonio Kast, seguito dal populista di destra Franco Parisi (Partido de la Gente), dall'altro estremista di destra Johannes Kaiser e dalla conservatrice Evelyn Matthei. Il quadro era subito chiaro: nel ballottaggio del 14 dicembre tra Jara e Kast, quest'ultimo vinceva con il 58% dei suffragi grazie all'alleanza delle destre (con Parisi che aveva fatto appello al voto nullo). L'argentino Milei si precipitava a congratularsi con il neoeletto, mentre il segretario di Stato Usa Marco Rubio rendeva noto che "gli Stati Uniti sperano di collaborare con la sua amministrazione per rafforzare la sicurezza regionale e rivitalizzare la nostra relazione commerciale". Per quanto riguarda i risultati delle legislative di novembre, l'insieme dei partiti conservatori e reazionari - pur maggioritario - non è riuscito a conquistare il pieno controllo del Congresso. E questo nonostante il forte aumento delle formazioni di estrema destra. Alla Camera il Partido de la Gente di Parisi costituirà l'ago della bilancia. Il presidente eletto Kast, che prenderà possesso della sua carica l'11 marzo, è figlio di un immigrato tedesco ex membro del Partito Nazista e fa parte del Conservative Political Action Conference, che riunisce gli esponenti della destra statunitense e mondiale (tra gli altri l'argentino Milei e l'italiana Giorgia Meloni). Molti commentatori si sono chiesti la ragione di questa brusca virata a destra nel paese. Il vincitore ha saputo sfruttare il senso di insicurezza dominante, creato ad arte dai media perché i dati mostrano in realtà come il Cile sia una delle nazioni meno colpite dalla violenza. Promettendo mano dura contro il crimine e la cacciata in massa degli immigrati irregolari, Kast ha convinto gli elettori meno politicizzati (va segnalato che per la prima volta il voto era obbligatorio). Tra le cause che hanno favorito la sua vittoria c'è sicuramente il deludente mandato del suo predecessore Gabriel Boric, giunto a La Moneda sull'orlo dell'estallido social del 2019, ma rivelatosi ben presto timido e moderato all'interno e addirittura anticubano e antivenezuelano in politica estera. Così il governo Boric, che doveva rappresentare una svolta progressista capace di ridurre le disuguaglianze e guadagnare le simpatie degli strati meno privilegiati, si è rivelato una brutta copia degli esecutivi della Concertación, incapaci di cancellare l'impronta neoliberista lasciata dalla dittatura nel paese. (15/12/2025)
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cura di Nicoletta Manuzzato |