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Brasile, le condanne dei golpisti

Teresa Isenburg

È passata circa una settimana da quando, l’11 settembre 2025, la prima sezione del Supremo Tribunale Federale/STF ha pronunciato la sentenza dell’azione penale 2668 relativa a Bolsonaro+7, definiti come il “nucleo cruciale” del tentativo di colpo di Stato. Essa ha condannato sei dei rei a pene detentive comprese fra i 27 anni e 3 mesi per l’ex presidente fino ai 16 anni e un mese con perdita delle cariche. L’ex aiutante di ordini, divenuto collaboratore di giustizia, ha ricevuto due anni peraltro già scontati e quindi esce di scena. Fra i condannati tre generali, un ammiraglio, un tenente colonnello.

Il giudizio si è svolto dal 2 all’11 settembre e anche questa fase, come le precedenti, è stata trasmessa in diretta nella TV Justiça e sul canale YouTube del STF. Seguire le sedute è stato interessante e anche relativamente comprensibile. Il relatore Alexandre de Moraes, in una esposizione durata cinque ore, ha tracciato un quadro complessivo delle numerose diverse occasioni lungo la linea del tempo in cui l’ex presidente ha compiuto atti o pronunciato discorsi eversivi comprovati da riscontri fattuali multipli, raccolti in abbondanza dalla polizia federale e accolti dal procuratore della Repubblica. Il complesso documentario esposto consente a Moraes di identificare un progetto eversivo reso esplicito in modo irrefutabile a partire dal 2021, utilizzando anche date simboliche come il 7 settembre, che ricorda l’indipendenza del Brasile, e intensificato nel corso del 2022 soprattutto con attacchi ingiustificati alle modalità, già utilizzate dal 1996, delle urne elettroniche  al fine di creare un clima di diffidenza e di possibile accusa di brogli.

La rete di collegamenti fra il gruppo di imputati è stata ampiamente confermata da una vasta quantità di contatti registrati nei rispettivi computer o ritrovati sulle nuvole informatiche, da appunti e bozze scritti, da testimonianze diverse. L’esposizione si è caratterizzata per un evidente sforzo di chiarezza formale e concettuale al fine di comunicare verso l’esterno, verso la società civile si potrebbe dire, un quadro comprensibile e solido, intenzione confermata, come già ricordato, dalla trasmissione integrale e in diretta di tutto il processo. La principale occorrenza ha utilizzato il binomio “associazione criminale” che ben caratterizza il complesso di reati e di persone agglutinati attorno al tentativo di colpo di Stato e di abolizione violenta dello Stato democratico di diritto capeggiato da Bolsonaro.

Dei cinque componenti della prima sezione del STF competente del processo quattro hanno aderito all’impostazione del relatore apportando eventualmente alcune integrazioni. A mio parere l’intervento più interessante, dopo quello di Moraes, è stato quello della ministra Carmen Lucia, che ha compiuto uno sforzo non banale per cogliere il significato di colpo di Stato e di tentativo dello stesso. Una riflessione opportuna e che travalica le frontiere del Brasile in questo momento in cui il rispetto delle regole della democrazia rappresentativa sembrano vacillare in non pochi paesi del cosiddetto Occidente, in primo luogo calpestando il rapporto dialettico e di integrazione fra maggioranza e opposizione a favore di una grezza e grossolana applicazione di una qualsiasi prevalenza numerica nei diversi Parlamenti.

La dichiarazione di uno dei giudici, Luiz Fux, il giorno 10 settembre ha destato sorpresa in quanto il ministro, in una esposizione durata dodici ore no stop, ha respinto l’intero impianto del discorso del relatore, confutato come invalide tutte le prove addotte, considerato tutti gli accusati innocenti, fatta eccezione del collaboratore di giustizia reo di tentativo di colpo di Stato, proprio quello ritenuto inesistente per gli altri componenti del nucleo. Inutile entrare nel merito di questo inatteso passaggio, interessante sarebbe sapere come, dove e con chi sia nato questo originale percorso, ma probabilmente non lo si saprà mai. Esso non ha modificato la conclusione del processo che, come detto, si è concluso con condanne pesanti. Ma naturalmente il dissenso di Fux fornisce alle destre e ai social argomento di delegittimazione della prima sezione del STF e richieste propagandistiche di annullare tutto.

Importante infine sottolineare che l’attuale presidente del STF Luís Roberto Barroso (la carica è biennale e rotativa) ha scelto di essere presente alla fase finale del processo dando quindi un suggello di condivisione da parte dell’intero STF e ha preso brevemente la parola: “Credo che stiamo chiudendo i cicli di ritardo nella storia brasiliana, caratterizzati dal golpismo e dalla rottura della legalità brasiliana”. (Nel portale del STF alla voce AP2668 è possibile seguire i resoconti del processo; Luiz Felipe Miguel, Brilha o sol da justiça, “A Terra è redonda”, 13.09.2025; João dos Reis Silva Júnior, Cinco dias de suspense, “A Terra è redonda”, 10.9.2025).

Certamente questo processo è molto importante sia perché ha rotto uno dei pilastri della secolare egemonia della ristretta élite brasiliana impegnata a mantenere l’esclusione sociale e la difesa dei propri privilegi (due anelli strettamente interconnessi), sia per come si è svolto in modo pubblico, visibile e strettamente rispettoso delle procedure. Se dal punto di vista simbolico si distacca la figura dell’ex presidente Jair Bolsonaro, dal punto di vista sostanziale campeggia l’azione nei confronti di alti esponenti della gerarchia militare. Il peso ingombrante e minaccioso dei militari in Brasile e in altri paesi dell’America Latina è noto. Ad esso nel caso del Brasile si aggiunge un aspetto specifico: durante l’Impero fra il 1824 e il 1889 esisteva un quarto potere, il potere moderatore attribuito all’imperatore che poteva sciogliere la Camera e dimettere e nominare ministri. Nonostante l’eliminazione giuridica di questa aberrazione, l’idea di un “potere neutro” a “garanzia” dell’equilibrio fra i tre poteri (implicitamente considerati inferiori) si è mantenuta e  i militari se ne sono informalmente, ma molto sostanzialmente, appropriati giustificando con essa i propri reiterati abusi.

Ancora durante il lungo tentativo recente di colpo di Stato questo riferimento ha circolato con insistenza, interpretando in modo fantasioso l’articolo 142 della Costituzione del 1988. La condanna di generali di quattro stelle, che a breve passeranno anche sotto il giudizio del Superiore Tribunale Militare per la parte “professionale”, è di un significato alto. Ma molti mancano all’appello, graduati che da anni cospirano, autori di libri che sono programmi eversivi, personaggi oggetto di visite sospette di politici. Molto ancora va modificato in tutta la questione delle forze armate, corpo che continua a viversi come separato dalla società, separato ovviamente in quanto auto promosso superiore: gli infiniti privilegi materiali, il trattamento inadeguato dei soldati semplici, la formazione culturale e tecnica nelle caserme e nelle accademie, l’uso delle molte risorse che passano per le loro mani (Denise Assis, Mais nove militares serão julgados, enquanto outros sete aguardam a perda de cargo e patente, “Brasil 247”, 17.9.2025).

Sempre nella storia del Brasile emerge con forza la tragedia di essere uscito dal sistema coloniale non attraverso una guerra di indipendenza, ma per permanenza della casa regnante di Portogallo trasferita in Brasile nel 1808 sotto scorta britannica e lì fissatasi. La necessità delle rotture si conferma una volta ancora necessaria e indispensabile per non trascinare nel tempo residui ormai in decomposizione di precedenti rapporti sociali ed economici. Teniamoci quindi ben salda la nostra guerra di Liberazione. E questa rottura era probabilmente l’intento dei non pochi cittadini e cittadine brasiliani che hanno intrapreso la lotta armata contro la dittatura militare (1964-1985) nel loro paese.

Quali sono state le reazioni alle sentenze? Non ci sono state manifestazioni né di protesta né di soddisfazione di qualche peso. Sui social un po’ di messaggi, ma nulla di grandi dimensioni. Solo negli Usa il figlio di Bolsonaro, il deputato Edoardo, urla e minaccia. Marco Rubio, segretario di Stato degli Usa, ha anticipato che a breve ci saranno altre sanzioni, a causa di queste sentenze, che sembra che saranno contro i giudici, dal momento che il bersaglio è il potere giudiziario in continuazione accusato di tirannia ecc, un'azione volta a che destabilizzare le istituzioni, mentre non ci sono riferimenti diretti contro il presidente.

Lula ha indirettamente risposto ai continui attacchi istituzionali statunitensi con un articolo sul New York Times del 14.9.2025 in cui l’affermazione centrale è: la democrazia e la sovranità brasiliane sono innegoziabili (si può leggere l’articolo integrale su “Brasil 247” del 14.9.2025). Inoltre l’esecutivo statunitense intralcia la concessione di visti per la conferenza di settembre delle Nazioni Unite, o quando li concede include limitazioni ai movimenti dei delegati. Ma è soprattutto la Camera dei Deputati a Brasilia, con le sue schiere di eletti di centro, centrodestra, estrema destra che si mobilita spaventata di vedere insidiata l’impunibilità. Al momento ha approvato una disposizione per cui i parlamentari, per essere portati in giudizio, devono ottenere l’autorizzazione dei loro pari attraverso voto segreto (fino ad ora il voto doveva essere palese)!

Enorme in quella sede è l’agitazione per sottoporre a votazione una legge che riconosca l’amnistia per i condannati degli atti dell’8 gennaio 2023. Si va da proposte “blande” per gli imputati minori (la massa degli esecutori materiali delle invasioni e delle distruzioni dei palazzi istituzionali) a proposte “forti” per una amnistia “ampia, generale, senza restrizioni”. Il fatto che la materia non sia di competenza del Parlamento e che il Legislativo non è revisore delle decisioni del giudiziario non è preso in considerazione e il continuo attacco statunitense alla giustizia brasiliana rende audaci i deputati.

Nell’opinione pubblica sembra che questi spudorati tentativi di porsi fuori dalla legge da parte dei parlamentari non abbiano effetto, cosa grave in vista delle ormai non lontane campagne elettorali e delle elezioni politiche del 2026. Per coincidenza al momento è al vaglio del STF l’azione di incostituzionalità dell’indulto concesso da Bolsonaro agli agenti di sicurezza responsabili del massacro di 111 detenuti nel carcere del Carandiru a San Paolo nel 1992. 74 poliziotti erano stati condannati a pene molto pesanti per omicidio qualificato. Tale indulto era stato uno degli ultimi gesti di Bolsonaro, ben in linea con la sua visione del mondo, nel dicembre 2022 (“Brasil de fato”, 15.09.2025). Sarà una occasione per chiarire cosa si può amnistiare, indultare, graziare oppure no.

Nel giro di un tempo relativamente breve l’azione penale 2668 passerà in giudicato, dopo i possibili limitati ricorsi da parte delle difese e la pena diventerà esecutiva, in quali sedi detentive non è ancora chiaro. Intanto, con data ancora da stabilire, inizieranno le azioni penali nei confronti di altri gruppi di rei di elevata responsabilità, fra i quali diversi altri militari: il nucleo 2 con sei rei che hanno gestito azioni ordinate dal nucleo cruciale producendo minute golpiste; il nucleo 3 con dodici denunciati che controllavano autorità e facevano pressione su militari; il nucleo 4 con sette colpevoli che diffondevano notizie false; infine il nucleo 5 (interessante) con un solo colpevole, Paulo Figueiredo, nipote dell’ultimo presidente militare João Figueiredo, che, fedele alla tradizione, coltiva appoggio al golpismo negli Stati Uniti. Un passato che non passa, quello della ventennale dittatura militare (1964-1985): e proprio in coincidenza con questo processo è giunta la notizia del ritrovamento, da parte dell’équipe argentina di antropologia forense, dei resti di un altro scomparso brasiliano, il pianista Ténorio Júnior che accompagnava Toquinho e Vinicius de Moraes in una tournée in Argentina, scomparso il 18 marzo 1976 pochi giorni prima del golpe militare in quel paese: il Piano Condor già funzionava. (Mariana Alvim, O que STF ainda vai julgar sobre a tentativa de golpe?, “BBC News Brasil”, 15.09.2025).

Qui dunque è giunto il Brasile, un passo importante è stato compiuto, un golpe sfiorato da molto vicino non è stato nascosto, ma inquadrato nella giustizia. Allo stesso tempo, qui come altrove, emerge la fragilità del sistema parlamentare rappresentativo così come lo conosciamo, in cui troppo facile è indebolire i vincoli istituzionali e aprire le porte a forme varie di autoritarismo.

San Paolo, 19/9/2025

 

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a cura di Nicoletta Manuzzato