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Un nuovo ordine è urgente

Teresa Isenburg

Non mi sembra facile, in questo periodo in cui l’impalcatura su cui si sono fondate le relazioni internazionali e interne che conosciamo si sgretola, riunire qualche informazione che aiuti a capire ciò che accade. Nel passaggio da un tentativo di mondo unipolare, immaginato da alcuni possibile dopo l’implosione dell’Unione Sovietica, alla realtà di un mondo multipolare, l’Occidente sembra avere scelto come unica strada quella militare e bellica, in una eterna Iliade con anche la richiesta agli dei di un nuovo scudo di Achille. Per vari motivi il Brasile si trova ad avere un ruolo di qualche peso in questa transizione e di conseguenza è investito (in vista delle elezioni presidenziali del 2026 la cui campagna è già cominciata) da tensioni di destabilizzazione forti che investono in pieno il moderato governo Lula che colloca la Federazione nel campo del multilateralismo. Questo ha conseguenze non solo nella politica estera, ma anche in quella interna, impegnata a difendere le condizioni materiali di vita della maggior parte della popolazione a lieve discapito del dominio assoluto del capitale finanziario. Contro questo limitato, ma concreto progetto con venature sociali, forze potenti si mobilitano con successo. Riportare interamente il Brasile sotto il dominio neoliberista estremo non solo trasferirebbe ricchezze dal versante di una piccola ridistribuzione alla rendita, ma indebolirebbe anche e ritarderebbe assai il Sud Globale in costruzione, mattone importante del multilateralismo. Traduco parte di un lungo articolo dall’esplicito titolo “L’assedio silenzioso: anatomia della guerra politica nel Brasile attuale”, che mi sembra aiuti a capire il paesaggio politico in questo momento e anche altre realtà, ad esempio quella italiana dove pure è in corso un impressionante smontaggio e rimontaggio dello Stato. Faccio anche un incompleto e riassuntivo elenco dei principali punti di scontro fra esecutivo e legislativo (il Parlamento è quello più a destra di tutto il tempo postgolpe, cioè dal 1989) e fra legislativo e giudiziario.

Nella politica interna. Qui come altrove ininterrotto è il lamento sul debito pubblico. Ma quando l’esecutivo propone interventi, il Parlamento si oppone. Così una blanda riforma fiscale che introduce lieve prelievo sui redditi medio alti viene sabotata, come pure l’ipotesi di riconsiderare gli incentivi fiscali che raggiungono 500 miliardi di R$ (pari a 4,4% del pil) all’anno, mentre un progetto di revisione giace nel cassetto della Camera dal 2021. In parallelo il tasso di interesse fissato dalla Banca Centrale cosiddetta indipendente (ma non dai mercati internazionali) ha raggiunto l'esorbitante livello del 15% e ogni aumento dell’1% assorbe 80 miliardi di R$ all’anno. Ma forse l’azione in corso più indecente del Congresso è il blocco della proposta governativa di un piccolo aumento di IOF/Imposta su operazioni finanziarie da 3,38% a 3,5% (+0,12%) per limare appunto il debito pubblico. È ovvio che non è quantità che scuota l’economia, ma è un messaggio simbolico che colpisce la rendita finanziaria invece che la spesa sociale, ciò che è ideologicamente inaccettabile. Tanto più che la situazione economica del paese è buona: bassa inflazione (che non giustifica tassi di interessi astrali), scarsa disoccupazione e aumento dei posti di lavoro, crescita dei redditi soprattutto bassi, indici di crescita annui alti. Quello che colpisce è la mancanza di pudore con cui vengono inviati i messaggi negativi senza considerare i dati reali.

Altro punto su cui il governo, non si sa perché, è sotto accusa concerne un grave scandalo in cui è coinvolto indirettamente l’INSS/Istituto Nazionale di Sicurezza Sociale. Per iniziativa della Polizia Federale (organo dello Stato) e della AGU/Avvocatura Generale dell’Unione (organo del governo) è stata portata alla luce un’enorme truffa con trattenute illegali e illecite su pensioni attraverso associazioni private che, con false autorizzazioni, dagli anni di Bolsonaro rubavano prelievi truffaldini a ignari pensionati, forse con connivenze all’interno dell’INSS. Trattandosi di lavoratori e mondo previdenziale e sindacale ovviamente la grande stampa e la potente macchina dei social della destabilizzazione collegano tutto a Lula a prescindere dalla realtà dei fatti. Il governo agisce con molta rapidità e sembra competenza nell’intervenire per i rimborsi ai truffati, mentre la polizia e la magistratura seguono il loro corso per colpire i responsabili e recuperare il denaro rubato. La Camera a tempo di record ha attivato una commissione di inchiesta come luogo di propaganda antigoverno, anche se sembra che al momento emergano fra i responsabili esponenti della destra.

Mentre continua il processo agli indagati per le trame golpiste culminate nell'eversione dell’8 gennaio 2023 a Brasilia (e circolano deliranti discorsi sull’amnistia dei colpevoli), ulteriore punto di tensione è la proposta condotta dal formalissimo e competente ministro della Giustizia Ricardo Lewandowski di attivare un coordinamento centralizzato di informazioni fra le polizie militari degli Stati per far fronte al rafforzamento della criminalità organizzata, ormai saldamente impiantata in buona parte della Federazione e collegata con le reti internazionali. Ma molti governatori degli Stati, dei quali è la competenza e il comando delle polizie militari, si oppongono a questa misura che considerano lesiva dei propri poteri. La materia è, come evidente, della massima complessità e viene trattata con prudenza dal momento che essa concerne il rapporto cardine fra Unione e Stati (apro una parentesi. Come sappiamo fra i protagonisti mondiali di primo piano della criminalità organizzata, soprattutto in materia di sostanze stupefacenti e appalti pubblici, vi è la ‘ndrangheta patria e a volte già emergono connessioni ad esempio fra quest’ultima e soprattutto il PCC/Primeiro Comando da Capital. Si hanno anche notizie di azioni congiunte delle polizie dei due paesi, cosa buona e che va coltivata. In questo contesto personalmente mi stupisce che la polizia italiana non abbia ancora ritrovato Carla Zambelli, la deputata condannata per crimini comuni, uscita dal Brasile a fine maggio, da diverse settimane in Italia e inserita dal Brasile nella lista rossa di ricercati dell’Interpol. La vicinanza ideologica fra la ricercata e parte dell’esecutivo italiano si spera non influenzi l’azione di polizia. Chiudo la parentesi).

Nella politica internazionale. Il governo ha di fronte alcune scadenza importanti e non facili. A luglio ci sarà a Rio la riunione dei capi di Stato e di governo dei venti paesi che aderiscono, a titolo pieno o come partner, ai BRICS. È ovvio che il sodalizio è visto come un nemico dall’Occidente per il carattere multilaterale, per l’organizzazione non statutariamente ingessata, per l’inclusione di Stati fra loro diversi nelle forme di rappresentatività istituzionale e di profili economici. Tutte cose che presuppongono reciproco rispetto, metodo del dialogo e della trattativa, preferenza per i temi condivisi piuttosto che per quelli di contrasto. Il gruppo dei BRICS è visto come nemico non solo dagli USA, ma anche dalla sciocca Europa e dalla sciocchissima Italia che calpestano così i propri interessi e soprattutto quelli dei cittadini. Nel considerare gli accadimenti internazionali è bene quindi inserire fra le variabili anche il sodalizio del Sud Globale. Aggiungo un altro nodo internazionale che l’attuale governo deve gestire, cioè il comportamento del vertice di parte della comunità ebraica. L’immigrazione ebraica in Brasile risale ai primi decenni del XX secolo e aveva allora formato una consistente comunità raccolta attorno alla Casa del Popolo del quartiere Bom Retiro (nel 2006 era uscito un bel film su quel mondo O ano em que meus pais sairam de ferias del regista Cao Hamburger). In anni più recenti il baricentro della presenza ebraica in San Paolo si è spostato nel più elegante quartiere di Higienopolis, con un progressivo avvicinamento al sionismo in diretta prossimità con lo Stato di Israele. Il vertice della collettività ebraica è stato molto vicino a Bolsonaro e soprattutto in questo terzo governo Lula si ingerisce, anche attraverso l’ambasciatore, in modo pesante nelle faccende interne del paese.

Altra scadenza di rilievo è la Cop30 a Belém a novembre 2025. La preparazione procede con non poche difficoltà per raggiungere  punti di convergenza, l’allontanamento degli USA da qualsiasi impegno ambientale pesa come un macigno, alcune opzioni del Brasile espongono il paese a critiche. La scelta di avviare le prospezioni petrolifere lungo il Margine Equatoriale è oggetto di opposizioni varie all’interno della Federazione ed è utilizzata dalle grandi ONG ambientaliste per rafforzare il proprio messaggio. La difficoltà di mantenere intatta la foresta amazzonica viene imputata da paesi e organizzazioni terze alla inadeguatezza dell’esecutivo locale, trascurando le pesanti responsabilità di potenti soggetti internazionali che i rispettivi paesi non hanno interesse a controllare. Insomma nel complesso il clima non sembra di particolare collaborazione, contaminato dai venti di guerra e dal negazionismo climatico.

Difficile interpretare se siamo nel corso di un ulteriore passo del cammino di decolonizzazione, certamente stiamo attraversando un momento di passaggio da un ordine internazionale a un altro, il che esaspera coloro che abitano lo spazio in decadenza, ciò che altre volte ha portato alla guerra. Ma la tecnologia dell’oggi non permette questa scelta che coincide con l'annientamento. Che fare? Sembra che a questa domanda centrale nessuno riesca a tracciare una risposta. Ma certamente vale anche oggi il richiamo di Antonio Gramsci: “Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza” (L’Ordine Nuovo, 1° maggio 1919).

L’assedio silenzioso (di Reynaldo José Aragon Gonçalves*

Il Brasile sta raggiungendo la metà del 2025 in uno stato di latente tensione politica. La sensazione di normalità istituzionale è solo apparente. Ciò che è in corso è un'offensiva continua e multiforme contro il governo eletto, contro la sovranità democratica e contro gli stessi meccanismi di sostegno repubblicano del paese. Questa offensiva non è inedita, ma ha ormai raggiunto un nuovo livello di sofisticazione e intensità. L'assedio che si sta stringendo intorno al governo Lula, al Supremo Tribunale Federale/STF e ai settori democratici della società non si svolge solo nelle arene visibili del Parlamento e della stampa. Si articola anche nel campo finanziario, nelle dinamiche algoritmiche delle piattaforme digitali, nella produzione simbolica di delegittimazione e nella cattura della percezione pubblica da parte di forze che operano all'interno e all'esterno del territorio nazionale.

Ciò che rende il 2025 un punto di svolta è il fatto che la disputa politica non si limita più alle differenze programmatiche, né all'oscillazione tra campo progressista e conservatore. Si tratta ora di una disputa sulla possibilità stessa dell'esistenza di uno Stato in grado di regolare l'economia, proteggere i diritti sociali e resistere alle forme contemporanee di dominio transnazionale. L'attuale governo si trova ad affrontare non solo l'opposizione, ma un processo coordinato di continuo indebolimento che combina ricatto parlamentare, sabotaggio economico, manipolazione informativa e guerra culturale.

Questo processo non è frutto del caso. Esprime l'esaurimento di un ciclo storico e il consolidamento di un nuovo tipo di conflitto, in cui le istituzioni sono attraversate da vettori di instabilità permanente. L'assedio si intensifica man mano che il sistema politico, l'élite economica e gli operatori della guerra dell'informazione identificano nel governo Lula, nonostante tutti i suoi limiti, la minaccia di una minima inflessione verso un progetto nazionale. La reazione a questa possibilità è violenta, coordinata e persistente.

In questo scenario è essenziale abbandonare le categorie di analisi tradizionali. Non ci troviamo più di fronte a una democrazia liberale normalmente funzionante. Né si tratta di una crisi episodica che verrà superata con abilità politica e concessioni graduali. Quella in corso è una sorta di guerra di logoramento istituzionale e simbolico, il cui obiettivo non è vincere con il voto o con la discussione, ma impedire la ricostruzione dello Stato come legittimo mediatore degli interessi sociali. L'assedio è silenzioso, ma è guerra. E come ogni guerra, opera destabilizzando continuamente, bloccando le iniziative, erodendo la fiducia pubblica e producendo sistematicamente impotenza politica.

La crisi non è nuova: l'esaurimento del patto istituzionale e la riconfigurazione dello Stato dopo il 2016. L’offensiva contro il governo e contro la democrazia brasiliana nel 2025 non nasce dal nulla. È espressione di una lunga e progressiva decomposizione del patto istituzionale che ha sostenuto la ridemocratizzazione formale iniziata nel 1988. Ciò a cui stiamo assistendo oggi è il logico dispiegarsi di un processo iniziato con i primi conflitti distributivi del XXI secolo, che ha acquisito contorni più definiti a partire dal 2005, si è approfondito con le proteste del giugno 2013 e ha assunto la forma di una rottura nel 2016 con l'impeachment fraudolento della presidente Dilma Rousseff. Da allora il sistema politico brasiliano ha cessato di fungere da spazio di mediazione tra interessi contrastanti ed è diventato un campo di dominio diretto di classe, guidato da meccanismi permanenti di eccezione.

Dal 2016 lo Stato brasiliano è stato riorganizzato secondo una nuova logica. La Presidenza della Repubblica ha perso il proprio ruolo decisionale centrale. Il Congresso ha iniziato a esercitare il potere di veto su qualsiasi proposta di legge che, anche solo in minima parte, contrastasse gli interessi del capitale finanziario, dei media mainstream o dell'élite patrimoniale. La magistratura, in particolare il STF, è stata sottoposta a un costante processo di intimidazione e logoramento pubblico. Le forze dell’ordine e le agenzie di intelligence hanno iniziato a operare in modo sempre più autonomo, a volte in collusione con aggregazioni politiche ed economiche che agiscono contro il patto democratico.

La riconfigurazione non è stata improvvisata. È stata condotta strategicamente da attori che hanno deciso che la democrazia rappresentativa sarebbe stata tollerata solo finché non avesse messo a repentaglio i pilastri dell'accumulazione neoliberista, della subordinazione esterna e del controllo oligarchico sulle risorse statali. Dal momento in cui le politiche di redistribuzione, valorizzazione del lavoro, sovranità energetica o integrazione regionale hanno iniziato a produrre risultati concreti, il sistema ha reagito con virulenza. Lawfare, giuridicizzazione selettiva della politica, disinformazione di massa e moralismo reazionario sono stati mobilitati come armi di guerra. L'obiettivo era chiaro: delegittimare, isolare, neutralizzare e, se possibile, distruggere ogni possibilità di una svolta storica verso un progetto popolare

Il governo Lula, al suo terzo mandato, non ha la forza di rompere  con questa struttura. Al contrario governa al suo interno, circondato da brutali limitazioni, ricatti quotidiani e un ambiente ostile sia a livello istituzionale che simbolico. La normalità istituzionale è una finzione utile per i settori che traggono profitto dall'instabilità cronica. Mentre gli operatori della politica istituzionale fingono di essere normali, il sistema viene corroso dall'interno. La crisi non è più episodica. È strutturale. E lo Stato brasiliano, riorganizzato dopo il 2016, è diventato un territorio di contesa asimmetrica, dove le forze democratiche operano in uno stato di permanente svantaggio, senza reali strumenti istituzionali per affrontare il potere finanziario, la macchina della disinformazione e la guerra culturale in corso.

Il governo sotto attacco: come funziona l'assedio su più fronti. L'assedio al governo Lula non è il prodotto di un singolo attore, né di un'azione coordinata centralizzata. La sua forza risiede proprio nella molteplicità dei fronti, nella convergenza degli interessi e nella dispersione tattica dei suoi operatori. La guerra politica in corso è strutturata in modo distribuito, combinando vettori parlamentari, finanziari, mediatici, legali, digitali e culturali. È questa simultaneità di fronti, ciascuno con il proprio ritmo e linguaggio, che rende l'assedio tanto efficace quanto difficile da definire. Il governo non si trova di fronte a un nemico specifico. Si trova di fronte a una logica di potere che si riproduce all'interno delle istituzioni stesse.

A livello parlamentare il governo si trova paralizzato da un rapporto di forze chiaramente sfavorevole. La base di Bolsonaro non solo è sopravvissuta alla sconfitta elettorale del 2022, ma si è anche riorganizzata e rafforzata. Alleata con i centristi e alimentata da una retorica di sabotaggio sistematico, opera all'interno del Congresso come una maggioranza informale dedita a bloccare, distorcere o smantellare qualsiasi iniziativa governativa che si allinei agli interessi popolari o alla sovranità nazionale. I progetti di legge vengono distorti prima di raggiungere la plenaria. Gli emendamenti di bilancio vengono negoziati secondo la logica di mercato. Le leggi vengono utilizzate per creare scandali, crisi e mantenere il governo sulla difensiva.

In campo economico il mercato finanziario agisce come un potere di veto. Ogni tentativo di promuovere politiche di distribuzione del reddito, di rafforzamento dello Stato o di investimenti pubblici viene immediatamente contrastato attraverso allarmismi, fluttuazioni dei tassi di cambio e copertura mediatica allarmistica. La governance è soggetta alla logica del capitale, che esige stabilità solo quando questa coincide con i suoi interessi. La politica monetaria è istituzionalmente protetta, ma funziona come strumento di pressione. La Banca Centrale, formalmente autonoma, agisce come agente della rendita, promuovendo un silenzioso sabotaggio contro la crescita, l'occupazione e gli investimenti produttivi.

Nel settore dei media le grandi imprese di comunicazione mantengono una copertura asimmetrica, caratterizzata da una sistematica sfiducia, un'enfasi sulle crisi create ad arte e la deliberata omissione dei progressi governativi. Lo spazio simbolico è perennemente teso. I titoli creano una percezione di fallimento, mancanza di controllo e paralisi. Editorialisti e commentatori specializzati si alternano nel minare la legittimità delle politiche pubbliche, riproducendo narrazioni di mercato sotto le mentite spoglie di analisi tecniche. Il giornalismo politico è diventato uno strumento di disciplina ideologica.

Nella sfera digitale l'assedio assume contorni ancora più sofisticati. Con le piattaforme dei social sotto il controllo delle grandi aziende tecnologiche straniere, la sfera pubblica brasiliana è attualmente soggetta a meccanismi di mediazione algoritmica che definiscono cosa circola, cosa diventa virale e cosa viene messo a tacere. Le piattaforme non sono neutrali. Operano sulla base di modelli di business che premiano il coinvolgimento tossico, la radicalizzazione emotiva e la polarizzazione antisistemica. Questo modello favorisce strutturalmente l'estrema destra, i professionisti della disinformazione e il discorso antipolitico. Il governo Lula e i settori progressisti operano in una situazione di svantaggio strutturale in questo ambito, perché si basano su principi come responsabilità, complessità e razionalità, sistematicamente penalizzati da algoritmi di monetizzazione. La logica del coinvolgimento favorisce l'incitamento all'odio, la semplificazione grossolana e la radicalizzazione emotiva. Il governo, pur con una presenza istituzionale sui social, opera in un ambiente ostile, dove il suo messaggio viene sistematicamente intercettato, squalificato o distorto da macchine di produzione simbolica al servizio dell'antipolitica.

A livello legale e istituzionale i residui della strategia del lawfare continuano a operare. Procuratori, giudici e agenti di polizia federale agiscono in modo selettivo, alimentando indagini spettacolari che servono al dramma politico piuttosto che al giusto processo. Le indagini vengono aperte sulla base di ritagli di giornale. Le commissioni parlamentari d'inchiesta, come quella sull'INSS, diventano palcoscenici di umiliazione pubblica, fabbricando scandali per fare notizia e alimentare reti di disinformazione.

Infine la guerra culturale è lo sfondo permanente. Gestita da think tank, chiese neo-pentecostali, influenzatori digitali e settori militari, riconfigura il buon senso e trasforma legittime controversie politiche in battaglie morali. Antifemminismo, anticomunismo, negazionismo del cambiamento climatico e discorsi contrari ai diritti umani si articolano come vettori di mobilitazione emotiva, generando risentimento sociale e delegittimando la democrazia come valore. Questa è la struttura dell'assedio. Un sistema che opera attraverso la ridondanza strategica. Quando il Congresso cede, il mercato si irrigidisce. Quando la stampa si raffredda, Internet si infiamma. Quando il sistema giudiziario esita, la moralità religiosa urla. Quando la politica resiste, la cultura attacca. Il governo si ritrova immerso in una guerra asimmetrica, in cui ogni fronte alimenta gli altri, producendo un senso permanente di crisi e una paralisi programmata della capacità di governare.

L'alleanza invisibile: Big Tech e mercato come operatori della nuova egemonia. L'ingegneria dell'assedio al governo Lula non è supportata solo da forze visibili come il Parlamento o i media tradizionali. È strutturata sulla base di un'alleanza tacita, ma profondamente efficace, tra due vettori centrali del potere contemporaneo: il mercato finanziario e le piattaforme digitali. Ognuno opera con una propria logica, ma entrambi condividono un obiettivo comune: mantenere il paese sotto un regime di dominio informativo ed economico che rende impraticabile qualsiasi tentativo di ricostruzione democratica, distributiva o sovrana. Questa alleanza silenziosa, mediata da flussi di capitali, dati e algoritmi, è il cuore della nuova egemonia in discussione in Brasile nel 2025.

In termini economici il mercato finanziario ha cessato di essere un mero ambiente di speculazione ed è diventato un agente politico diretto. I suoi strumenti sono ben noti. Volatilità dei tassi di cambio, pressione sui tassi di interesse, narrazioni sul rischio paese, declassamenti simbolici promossi da banche e broker, messaggi criptati inviati da analisti travestiti da tecnici. La logica d'azione è chiara. Il governo può esistere, purché non governi. Qualsiasi accenno ad aumentare gli investimenti pubblici, a valorizzare il lavoro, a tassare i super-ricchi o a rivedere il tetto alla spesa viene immediatamente interpretato come una minaccia all'ordine. La risposta arriva sotto forma di sabotaggio silenzioso: dollaro in rialzo, mercato "nervoso", editoriali allarmistici. La politica economica è quindi sottoposta a un regime permanente di ricatto e coercizione.

Il potere di mercato sarebbe limitato senza il rinforzo simbolico offerto dall'ecosistema digitale controllato dalle grandi aziende tecnologiche. La sfera pubblica brasiliana è attualmente soggetta a meccanismi di mediazione algoritmica che definiscono cosa circola, cosa diventa virale e cosa viene messo a tacere. Le piattaforme non sono neutrali. Operano sulla base di modelli di business che premiano il coinvolgimento tossico, la radicalizzazione emotiva e la polarizzazione antisistemica. Il governo Lula e i settori progressisti operano in una situazione di svantaggio strutturale in questo ambito, perché si basano su principi come responsabilità, complessità e razionalità, sistematicamente penalizzati da algoritmi di monetizzazione. Il funzionamento quotidiano di queste piattaforme è quello di una guerra cognitiva automatizzata attraverso reti coordinate, diffusione artificiale di contenuti, disinformazione su larga scala, espressioni prodotte dall'intelligenza artificiale, video tagliati fuori contesto per renderli virali, attacchi organizzati a personaggi pubblici.

Le istituzioni democratiche, in particolare la Presidenza della Repubblica e il STF, sono diventate bersagli sistematici di questo circuito. Qualsiasi discorso del presidente viene immediatamente sfigurato da una valanga di distorsioni che precedono e superano la circolazione istituzionale. L'autorità viene erosa in tempo reale. L'obiettivo è semplice ed efficace: infrangere gli ultimi pilastri di legittimità istituzionale che ancora sostengono la democrazia formale.

Questa alleanza tra mercato e piattaforme produce un effetto cumulativo. La sfiducia seminata dal mercato viene amplificata dalle grandi imprese tecnologiche. La disinformazione che circola sui social legittima il veto finanziario. La narrazione della crisi genera una fuga di capitali, convertita in titoli e poi moltiplicata digitalmente in un linguaggio emotivo. È un sistema autoreferenziale, ma con effetti concreti. Il governo non solo perde la capacità di prendere l'iniziativa, ma è costretto a reagire costantemente a una realtà manipolata, i cui movimenti vengono anticipati, distorti o bloccati prima ancora di essere compresi.

La sovranità brasiliana è quindi doppiamente compromessa. Sul piano economico perché la politica fiscale, monetaria e di bilancio è soggetta al controllo informale del mercato, che non è sottoposto ad alcun voto. Sul piano informativo perché l'accesso all'opinione pubblica è mediato da società straniere che modulano la percezione politica della popolazione sulla base di interessi privati e codici opachi. Non si tratta solo di censura o manipolazione dei contenuti. Si tratta di un'architettura sistemica di destabilizzazione permanente. Il governo non governa da solo. Governa sotto la supervisione, l'assedio e il sabotaggio dei due principali operatori del nuovo ordine mondiale: il capitale finanziario globale e il capitale informativo privato.

La guerra culturale e l’avanzamento dell'estrema destra internazionale: il Brasile come trincea geopolitica. Nel 2025, il Brasile non è solo una democrazia vulnerabile. È anche un territorio centrale nel quadro della nuova riorganizzazione geopolitica dell'estrema destra globale. Il bolsonarismo, lungi dall'essere un fenomeno esclusivamente nazionale, fa parte di una rete transnazionale di forze reazionarie articolate attraverso fondazioni conservatrici, think tank privati, piattaforme digitali, chiese ultraconservatrici e conglomerati economici che operano al di fuori delle istituzioni formali. Questa rete ha in Brasile non solo un banco di prova, ma anche un fronte d'azione strategico. Il paese è diventato una trincea centrale della guerra culturale contemporanea dove valori, narrazioni e identità sono contestati con implicazioni dirette sulla correlazione tra forze politiche interne ed esterne.

La guerra culturale in corso non è casuale. È strutturale. Funziona come cemento ideologico di un'offensiva che mira a rimodellare lo Stato e la società sulla base di valori autoritari, gerarchici, patriarcali, razzisti e antiscientifici. Depoliticizza il dibattito pubblico trasformando le controversie materiali in conflitti morali. Trasforma la lotta di classe in una guerra di valori. Sostituisce il campo economico con quello religioso. In questo processo il bolsonarismo opera come vettore nazionale di una più ampia offensiva internazionale, che ha come riferimenti il trumpismo negli Stati Uniti, il sionismo di estrema destra in Israele, i partiti ultra-identitari in Europa e le strategie comunicative di disinformazione applicate in diversi paesi del Sud Globale.

In Brasile questa guerra culturale si sta svolgendo a diversi livelli. Colpisce le scuole pubbliche con la censura e progetti di indottrinamento ideologico mascherati da neutralità pedagogica. Attacca università, istituti federali e centri di ricerca con campagne di criminalizzazione e tagli al bilancio. Utilizza la fede evangelica per promuovere una cultura di cieca obbedienza, avversione alla scienza, adorazione dell'autorità e negazione dei diritti umani. Opera sui social con narrazioni che collegano il governo Lula al comunismo, alla perversione morale o alle minacce alla famiglia. Opera anche sulla scena internazionale, mobilitando cause come il sostegno incondizionato allo Stato di Israele come arma simbolica per attaccare posizioni progressiste e costruire una retorica di guerra di civiltà.

Tale processo non è spontaneo. È finanziato, organizzato e guidato da gruppi specializzati in guerra psicologica, ingegneria dell'opinione pubblica e cattura della soggettività. Non è solo una disputa narrativa. È una guerra ontologica, che riorganizza il modo in cui milioni di persone percepiscono la realtà, il potere, la politica e il proprio posto nel mondo. L'estrema destra internazionale ha capito prima della sinistra che il XXI secolo non si vincerà solo nelle urne, ma nell'ampio campo della cognizione, dell'affettività, della moralità e del buon senso. La conquista della cultura precede la presa del potere.

In questo scenario il Brasile è diventato una linea del fronte geopolitico. A causa delle sue dimensioni, della sua posizione strategica in Sud America, della sua tradizione di pensiero critico e del suo ruolo nel sistema internazionale, il paese rappresenta una minaccia concreta all'egemonia neoliberista e neocoloniale. Ogni tentativo di ricostruire un progetto nazionale sovrano e redistributivo, integrato con il Sud del mondo, si scontra immediatamente con tutta la forza dell'apparato simbolico e istituzionale delle forze reazionarie. Per questo motivo il governo Lula viene attaccato non solo per le sue politiche, ma per ciò che simboleggia: la possibilità di uno storico allontanamento dagli assi del dominio globale. In questo contesto il bolsonarismo opera come agente locale di una controrivoluzione globale. Non è una forza isolata. È un campo articolato. La guerra culturale, quindi, non è una cortina fumogena. È il campo di battaglia stesso. E su di esso, il Brasile è oggi un territorio molto conteso nel pianeta.

*O cerco silenzioso: anatomia da guerra política no Brasil atual, “Brasil 247”, 21.06.2025. L’autore è giornalista e ricercatore del Nucleo di Studi in comunicazione, cognizione e computazione/NEECCC. Traduzione attraverso Google.

San Paolo, 27/6/2025

 

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a cura di Nicoletta Manuzzato