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Venezuela, trionfa il Gran Polo Patriótico Le elezioni svoltesi il 25 maggio hanno registrato una nettissima vittoria del Gran Polo Patriótico, coalizione di partiti tra cui il Psuv (Partido Socialista Unido de Venezuela) e movimenti sociali, che con l'82% dei consensi ha conquistato la maggioranza assoluta nell'Asamblea Nacional e il governo di 23 dei 24 Stati in cui è diviso il paese. Un risultato ottenuto anche grazie alle divisioni della destra: l'ala che fa riferimento a María Corina Machado ha infatti fatto appello all'astensione, sperando di convincere gli elettori a disertare le urne. La strategia non ha ottenuto i risultati sperati: la partecipazione al voto del 42,6% ha sconfitto il "boicottaggio massiccio" che una certa opposizione sperava. L'invito a non votare è stato criticato come "controproducente" dall'altro settore della destra, deciso a partecipare ma diviso al suo interno tra l'Alianza Democrática, la Red Decide dell'ex candidato presidenziale Henrique Capriles e una serie di candidature indipendenti. L'opposizione ha vinto solo nello Stato di Cojedes, con la riconferma del governatore Alberto Galíndez. A quest'ultimo il presidente Maduro si è rivolto felicitandolo e proponendogli collaborazione. Il chavismo ha invece riconquistato Zulia, Barinas e Nueva Esparta, cui si aggiunge il territorio di Guayana Esequiba, conteso dalla Guyana. "Non sono servite minacce, campagne mediatiche né pressioni internazionali", ha commentato il governatore di questo nuovo Stato, Neil Villamizar, che ha definito la sua vittoria come l'affermazione "del sentimento nazionale". Nell'Esequibo, sotto amministrazione di Georgetown, non erano stati aperti centri di votazione e gli elettori avevano potuto esprimere il loro suffragio dal vicino Stato di Bolívar. La decisione ha sollevato le proteste della Guyana, che ha prontamente rafforzato la presenza militare in zona. La giornata elettorale, sotto la supervisione di più di 400 osservatori internazionali, è trascorsa senza incidenti nonostante gli allarmi dei giorni precedenti, quando era stato scoperto un arsenale di armi ed esplosivi e oltre settanta persone erano state arrestate con l'accusa di pianificare attentati terroristici. Dal 19 maggio erano sospesi anche i collegamenti aerei con la Colombia, dopo la denuncia dell'arrivo dal paese confinante di mercenari stranieri con l'obiettivo di sabotare la consultazione. 28/5/2025 |
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Argentina, cariche contro i pensionati: oltre ottanta feriti Un altro mercoledì di violenta repressione contro la pacifica manifestazione dei pensionati che ogni settimana, di fronte al Congresso, protestano perché, con le loro misere entrate, non riescono ad arrivare a fine mese. Il bilancio del 21 maggio è di oltre ottanta feriti e quattro detenuti. Le cariche delle forze di sicurezza non guardano in faccia nessuno: anche questa volta hanno colpito giornalisti e fotografi, come due settimane fa avevano picchiato e fermato Francisco Paco Oliveira, sacerdote del gruppo Opción por los Pobres, "colpevole" di aver cercato di aiutare un'anziana caduta a terra. Le proteste però non si fermano e anzi hanno preso maggiore slancio dopo gli ultimi decreti del governo, con cui si pongono forti restrizioni alla libertà di cronaca e al diritto di sciopero. D'ora in poi il numero dei giornalisti accreditati presso la Casa Rosada sarà limitato a trenta (erano oltre ottanta) e quanti chiedono di essere ammessi dovranno sottostare a una "valutazione oggettiva" in base a criteri non meglio precisati; sarà inoltre ristretto il tempo concesso per l'uso del microfono, verrà proibita la riformulazione delle domande e non potranno essere scattate fotografie. I partecipanti alle conferenze stampa saranno insomma selezionati per essere allineati con la politica del capo dello Stato. Per quanto riguarda lo sciopero, le centrali sindacali hanno annunciato battaglia contro l'inclusione di quasi tutte le attività economiche nei settori dichiarati "essenziali", obbligati dunque a garantire in caso di astensione dal lavoro un'operatività dal 50 al 75%. LE ELEZIONI A BUENOS AIRES. Le elezioni nella città di Buenos Aires, tenutesi il 18 maggio con un astensionismo che ha sfiorato il 50%, hanno riservato qualche sorpresa: Manuel Adorni, candidato del partito di Milei La Libertad Avanza, si è imposto con il 30% dei suffragi (il doppio rispetto a Silvia Lospennato di Propuesta Republicana) in quello che era un bastione dell'ex presidente Mauricio Macri. Leandro Santoro, di Unión por la Patria, ha ottenuto il 27%, confermando in sostanza il bacino di voti peronista. 24/5/2025 |
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In Uruguay la 30ª Marcha del Silencio Migliaia di persone hanno partecipato il 20 maggio, nella capitale, alla 30ª Marcha del Silencio in ricordo delle vittime del terrorismo di Stato. La prima Marcha si tenne nel 1996 e la data venne scelta perché il 20 maggio di vent'anni prima erano stati ritrovati i corpi dei parlamentari Héctor Gutiérrez Ruiz e Zelmar Michelini e degli ex tupamaros Rosario Barredo e William Whitelaw Blanco, assassinati a Buenos Aires nel quadro del Plan Cóndor. In prima fila, in questo silenzioso corteo che ha attraversato il centro di Montevideo, i familiari dei desaparecidos. Come ha sottolineato il deputato Gabriel Otero, figlio di due militanti tupamaros condannati a lunghe pene detentive, la marcia esprime la lotta e la resistenza di un popolo "che vuole sapere dove sono i 197 scomparsi. Reclama verità. Reclama giustizia". LE ELEZIONI LOCALI DELL'11 MAGGIO. Domenica 11 maggio gli uruguayani erano chiamati alle urne per eleggere i nuovi intendentes dei 19 dipartimenti. Ne è emerso un paese sostanzialmente diviso tra il Frente Amplio, che si è rafforzato nell'area metropolitana, e il conservatore Partido Nacional, che predomina nelle zone interne. Il Fa consolida infatti la sua egemonia nei dipartimenti di Montevideo e di Canelones (i più densamente popolati) e conquista Río Negro e Lavalleja; perde invece Salto, dove si impone la Coalición Republicana (Partido Colorado, Partido Nacional e Cabildo Abierto). L'intendencia di Rivera è stata vinta dai colorados, mentre il Pn governerà nei restanti dipartimenti. Alta la partecipazione al voto, che ha raggiunto l'87%. 21/5/2025 |
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La scomparsa di José Mujica Una traiettoria politica eccezionale: da guerrigliero tupamaro, che per la sua battaglia ha passato in prigione quattordici anni spesso in condizioni inumane, a presidente dell'Uruguay dal 2010 al 2015, anni in cui il paese realizzò importanti passi avanti sul piano dei diritti sociali e civili (riduzione della povertà, approvazione della giornata di otto ore per i braccianti, riconoscimento del matrimonio egualitario, depenalizzazione dell'aborto, legalizzazione della marijuana). José Pepe Mujica si è spento il 13 maggio nella modesta casa contadina nei pressi di Montevideo che divideva con la moglie e compagna di lotta, la senatrice Lucía Topolansky. Il "presidente povero", così veniva chiamato per la semplicità con cui seppe vivere rinunciando ai privilegi della sua carica: durante il suo mandato destinò il 90% del suo appannaggio a programmi sociali e si distinse sempre per la sua critica serrata al consumismo e alla ricerca spasmodica della ricchezza Ho incontrato Pepe Mujica nel 2005 a Parma dove, in qualità di ministro dell'Agricoltura nell'esecutivo di Tabaré Vázquez, era stato invitato a un seminario su scambi agricoli e partnership tra Unione Europea e Mercosur. Gli feci alcune domande sulle decisioni dell'allora governo uruguayano, che avevano suscitato qualche delusione in quanti speravano dal Frente Amplio cambiamenti più radicali. Le sue risposte dimostrarono un grande realismo: "Dicono che Dio è onnipotente, ma per creare il mondo ci ha messo sei giorni e solo la domenica ha potuto riposare. Noi siamo il primo governo di sinistra in Uruguay e sono passati soltanto sette mesi: non è semplice cambiare la realtà nel quadro delle costrizioni enormi che abbiamo incontrato". Un realismo che ha contrassegnato tutta la seconda parte della sua vita, portandolo a distaccarsi dalle posizioni della militanza giovanile. Questo ha fatto sì che oggi venga celebrato da gran parte dello schieramento politico. Come scrive l'editoriale de La Jornada del 14 maggio, per alcuni "incarna la rivendicazione postuma dei gruppi guerriglieri che sei decenni fa credettero di essere in grado di cambiare il mondo con un fucile in spalla, ideali elevati e forti dosi di volontarismo giovanile. Per altri invece la sua traiettoria dimostra che l'unico quadro accettabile per l'azione politica è la democrazia istituzionale disegnata da teorici conservatori non per realizzare la sovranità popolare, ma per limitarla". 14/5/2025 |
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Trattato di Associazione Strategica Russia-Venezuela Un Trattato di Associazione Strategica e Cooperazione della durata di dieci anni, rinnovabile automaticamente ogni quinquennio, è stato sottoscritto il 7 maggio tra Russia e Venezuela. La firma è avvenuta al Cremlino, in occasione della visita di Nicolás Maduro a Mosca per le celebrazioni dell'80° anniversario della vittoria sopra i nazisti nelle seconda guerra mondiale. Come ha affermato il presidente venezuelano, "questo è il momento migliore delle nostre relazioni diplomatiche per fare un salto, dare nuovo impulso a un'associazione integrale di cooperazione in tutti gli ambiti". Tra i punti del trattato il rafforzamento dei legami in materia di difesa, l'impegno nella lotta contro il terrorismo internazionale, la cooperazione in ampi settori dell'economia come l'energia, i trasporti, l'attività mineraria, l'industria farmaceutica e le comunicazioni. I due paesi promuoveranno inoltre la creazione di un'infrastruttura finanziaria bilaterale indipendente e daranno impulso a iniziative congiunte sull'esplorazione e sull'uso pacifico dello spazio esterno, compresa l'installazione in Venezuela di una stazione terrestre del sistema russo di navigazione satellitare Glonass. 8/5/2025 |
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Argentina, nuove proteste contro Milei Nonostante le minacce di repressione, gli argentini non rinunciano a manifestare la loro opposizione alla politica di Milei. In aprile si sono svolte importanti mobilitazioni: il 9 organizzazioni sociali e sindacali sono scese in piazza in appoggio ai pensionati, colpiti da violente cariche della polizia nelle loro settimanali concentrazioni per chiedere pensioni più giuste. Il 10 il terzo sciopero generale contro i tagli del governo ha paralizzato il paese. "Un completo successo - così Héctor Daer, della Confederación General del Trabajo, ha commentato la giornata - Dopo questo sciopero il governo deve spegnere la motosega". Arrogante la risposta del presidente Milei, che ha accusato i promotori di appartenere alla "casta sindacale". Anche alla vigilia del Primo Maggio la Cgt è scesa in piazza, accompagnata dalle realtà sociali e sindacali più combattive, contro el ajuste che ha ridotto alla miseria gran parte dei lavoratori: la colonna sonora del nutrito corteo era costituita non solo dalle piccole bande musicali, ma dalla voce di papa Francesco che invitava a costruire il futuro. Il futuro che Javier Milei sta preparando per il paese appare però sempre più fosco. Il Fondo Monetario Internazionale ha infatti concesso a Buenos Aires un prestito di 20 miliardi di dollari per sostenere il programma ultraliberista dell'esecutivo. Come chiarito dalla direttrice del Fmi, Kristalina Georgieva, il credito rappresenta "un voto di fiducia nella determinazione del governo" di "avanzare nelle riforme". Dunque ulteriore indebitamento e conseguente rinuncia alla sovranità economica. E a fine mese Milei ha ricevuto il nuovo capo del Southern Command statunitense, l'ammiraglio Alvin Holsey. Per l'occasione il ministro della Difesa, Luis Petri, dopo aver ricordato che Washington considera l'Argentina "il suo principale socio strategico in America Latina", ha sottolineato che l'obiettivo è l'approfondimento della cooperazione militare con il colosso del Nord. 2/5/2025 |
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La Repubblica Dominicana contro i migranti haitiani Il razzismo come politica di Stato. Avviene nella Repubblica Dominicana, dove da giorni è iniziata l'applicazione dei nuovi provvedimenti governativi contro l'immigrazione nelle strutture sanitarie pubbliche. Gli haitiani che ricorrono agli ospedali vengono identificati e costretti a dimostrare che risiedono e lavorano nel paese. Non solo: devono anche pagare per le cure ricevute. I reparti maternità sono stati militarizzati e decine di donne incinte o in procinto di partorire sono state arrestate e deportate, mentre probabilmente altre stanno rinunciando, per paura, a richiedere attenzione medica. La misura è stata duramente criticata da Stéphane Dujarric, portavoce del segretario generale dell'Onu Guterres. Ma è solo l'ultima di una serie di azioni di stampo xenofobo messe in atto dal governo di Santo Domingo per rispondere alle sollecitazioni dell'estrema destra. Formazioni paramilitari, che attaccano le organizzazioni umanitarie, minacciano i giornalisti e promuovono la persecuzione delle persone di origine haitiana, agiscono alla luce del sole senza che le forze di polizia e il potere giudiziario intervengano. Tra i più noti di questi gruppi vi è l'Antigua Orden Dominicana, che nel settembre dello scorso anno aveva promosso nella capitale una marcia antimigranti, dando al governo lo spunto per annunciare la chiusura delle frontiere e la deportazione di oltre 10.000 persone alla settimana. Il 30 marzo si è tenuta una nuova mobilitazione "patriottica" nella comunità di Friusa, abitata da lavoratori poveri. A molti di questi, di origine haitiana, è negata la cittadinanza dominicana, nonostante siano nati e cresciuti nel paese, in base a una sentenza del 2013 del Tribunal Constitucional che ha cancellato ogni diritto a quanti non sono in grado di dimostrare che alla loro nascita i genitori si trovavano in territorio dominicano con regolari documenti. La sentenza si applica anche in forma retroattiva fino al 1929, con l'intento di sopprimere ogni traccia di origine africana. Come risposta alla marcia razzista a Friusa, il presidente Luis Abinader ha scatenato la repressione nella zona: tra il 6 e il 10 aprile tre lavoratori della comunità sono stati uccisi in circostanze non chiarite. Del resto fin dall'inizio del suo primo mandato Abinader (rieletto nel 2024) si è distinto per una crudele politica discriminatoria nei confronti dei migranti, riuscendo a guadagnare consensi in un paese alle prese con il deterioramento dei servizi pubblici, l'aumento dell'inflazione e della miseria, un alto tasso di corruzione. Le sue promesse: incrementare il numero dei militari al confine e accelerare la costruzione di un muro, proprio il contrario dell'insegnamento di papa Francesco ai cui funerali comunque non ha voluto mancare. 26/4/2025 |
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Ecuador, Noboa vince tra denunce di brogli Secondo il computo ufficiale Daniel Noboa si è imposto nel ballottaggio, ma crescono le denunce di brogli tanto che la sua avversaria, Luisa González, non ha riconosciuto il risultato e ha chiesto il riconteggio dei voti. Certo appare sorprendente che il 13 aprile la candidata correista abbia aumentato i suoi voti di pochi decimali (dal 44 al 44,37%) rispetto al primo turno, nonostante il leader della Conaie Leonidas Iza, che il 9 febbraio aveva ottenuto il 5,25% dei suffragi, le avesse garantito il suo appoggio. Invece Noboa sarebbe balzato dal 44,17 al 55,63%. A tutto questo si aggiunge il lungo elenco delle irregolarità che hanno contrassegnato i giorni immediatamente precedenti l'appuntamento alle urne: cambiamenti dell'ultima ora nell'ubicazione di alcune sezioni elettorali, guarda caso quelle dove Noboa aveva registrato in febbraio i peggiori risultati; impedimento delle votazioni per gli ecuadoriani residenti in Venezuela (dove González contava sui maggiori consensi); intimidazioni e aggressioni nei confronti di simpatizzanti della sinistra nonché uso massiccio di bot e falsi account che hanno riempito i social di fake news. E poi la dichiarazione, alla vigilia del voto, dell'estado de excepción in metà del territorio del paese, anche qui dove l'opposizione appariva in testa: il provvedimento, per la durata di sessanta giorni, comprende la sospensione dell'inviolabilità del domicilio e della corrispondenza, dei diritti di libero transito e di riunione e il coprifuoco nelle ore notturne. Senza contare che secondo la legge il presidente, per fare campagna, avrebbe dovuto lasciare temporaneamente l'incarico alla vicepresidente Verónica Abad, cosa che non è avvenuta. E rimanendo al vertice dello Stato ha potuto utilizzare risorse pubbliche e apparati governativi per la sua propaganda, continuata sulle reti nazionali anche durante il periodo di silenzio elettorale. Irregolarità, queste, rilevate anche dagli osservatori dell'Organización de los Estados Americanos. Infine l'appoggio esplicito da parte di Erik Prince, fondatore della compagnia di mercenari Blackwater (ora ribattezzata Academi) nota a livello internazionale per massacri e violazioni dei diritti umani e ora presente nel paese "per offrire alle forze dell'ordine e ai militari gli strumenti e le tattiche per combattere efficacemente il narcotraffico". Proprio Prince ha invitato gli elettori a votare per Noboa perché "l'Ecuador deve scegliere tra combattere i narcos o trasformarsi in un altro Venezuela". A corroborare i sospetti di frode le immagini di alcuni atti elettorali (naturalmente a favore di Noboa) privi delle firme regolamentari, presentati da Revolución Ciudadana: "Esigiamo un'indagine immediata e indipendente su queste irregolarità documentate - ha scritto il movimento sui social - riduzione inesplicabile e selettiva di voti; migliaia di suffragi per Luisa González sono spariti senza giustificazione durante lo scrutinio, mentre Daniel Noboa ha registrato incrementi statisticamente impossibili in numerose sezioni elettorali". Agli atti non firmati, e quindi da invalidare, si aggiungono quelli in cui il numero di voti risulta superiore al numero dei votanti. Di fronte a tante segnalazioni di brogli i governi di Messico e Colombia si sono rifiutati di riconoscere la vittoria di Noboa. Intanto quest'ultimo si prepara al suo secondo mandato. Il primo, durato soltanto un anno e mezzo, è stato contrassegnato da un aumento esponenziale della violenza, non solo da parte delle bande criminali, ma anche delle forze armate: ricordiamo gli innumerevoli casi di desapariciones forzate (tra cui i quattro giovanissimi afroecuadoriani). E un aumento della corruzione: del resto sono documentati i legami di imprese della famiglia Noboa con il traffico internazionale di cocaina. Per far fronte alle accuse il capo dello Stato ha già pronte le contromisure: circola un elenco di cento persone che verranno ostacolate e perseguite perché parte dell'opposizione. In tal modo la destra ecuadoriana intende raggiungere il suo principale obiettivo: smantellare, attraverso una nuova Assemblea Costituente, la Constitución de Montecristi del periodo correista per dare un'impronta neoliberista all'economia e cancellare l'articolo 5, che proibisce l'installazione di basi militari straniere. Un passo necessario, quest'ultimo, per tener fede alle promesse fatte da Noboa a Washington: la militarizzazione delle Isole Galápagos e l'eventuale riapertura della base di Manta. 20/4/2025 |
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Perù, impunità garantita per l'estrema destra Un altro ex presidente condannato per corruzione. Ollanta Humala, capo di Stato dal 2011 al 2016, dovrà scontare 15 anni di carcere per riciclaggio aggravato, a causa dei contributi nascosti di oltre tre milioni di dollari versati dall'impresa brasiliana Odebrecht alla sua campagna elettorale. Stessa pena per la moglie Nadine Heredia, che però è sfuggita all'arresto rifugiandosi nell'ambasciata del Brasile e ottenendo l'asilo diplomatico dal governo Lula. Heredia è già arrivata a Brasilia insieme a uno dei figli, Samir. Humala segue dunque la sorte di Alejandro Toledo e di Alberto Fujimori: quest'ultimo però morì in libertà perché, nonostante fosse stato condannato a 25 anni di prigione per crimini di lesa umanità, beneficiò prima di un indulto e poi di un'amnistia e alla sua morte, nel settembre scorso, gli furono tributati funerali di Stato. Un chiaro esempio del potere esercitato dalla figlia Keiko e dal suo partito Fuerza Popular grazie all'appoggio al governo de facto di Dina Boluarte. La stessa Keiko ha ottenuto ai primi di aprile una vittoria in ambito giudiziario con l'annullamento del procedimento avviato contro di lei per organizzazione criminale e riciclaggio. Il procedimento dovrà dunque ricominciare dalla fase delle indagini, un percorso che si preannuncia molto lungo. Non solo: pochi giorni dopo il procuratore José Domingo Pérez, che aveva in carico importanti casi contro esponenti politici è stato sospeso per sei mesi per "infrazioni amministrative". Pérez, il grande nemico del fujimorismo, dal 2018 indagava sui contributi segreti alle campagne di Keiko. E come ulteriore segnale di impunità per l'estrema destra, sempre in aprile il Congresso ha deciso di archiviare la denuncia contro Boluarte in merito al Rolexgare, l'accusa di corruzione che aveva colpito la presidente per aver indebitamente ricevuto alcuni orologi di lusso. 17/4/2025 |
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L'unità della regione al centro dei lavori della Celac Si è tenuto a Tegucigalpa il nono vertice della Celac, la Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños. La maggioranza degli interventi ha sottolineato l'importanza dell'unità dei paesi della regione per far fronte alle sfide globali, in particolare alle deportazioni di massa degli immigrati irregolari e ai pesanti dazi alle importazioni decisi dall'amministrazione Trump. "Non possiamo continuare a camminare separati quando il mondo si riorganizza senza di noi", ha affermato la presidente honduregna Xiomara Castro, che dirigeva i lavori. L'incontro è stato infatti l'ultimo della presidenza pro tempore honduregna, passata ora alla Colombia. Al vertice hanno partecipato undici capi di Stato, tra cui il boliviano Luis Arce, il brasiliano Lula, il colombiano Gustavo Petro, il cubano Díaz-Canel, il guatemalteco Bernardo Arévalo, l'uruguayano Yamandú Orsi. Al termine è stata approvata la Declaración de Tegucigalpa, con il voto a favore di trenta dei 33 paesi della Comunidad. Il documento respinge "l'imposizione di misure coercitive multilaterali contrarie al diritto internazionale, comprese le restrizioni al commercio", promuove la pace, il multilateralismo, la democrazia e il rispetto della sovranità e riafferma l'appoggio ad Haiti nel suo sforzo di ristabilire un clima di sicurezza e normalizzare la sua situazione politica, economica e sociale. Non hanno firmato i rappresentanti dei governi di destra di Argentina e Paraguay i cui capi di Stato, Javier Milei e Santiago Peña, assenti a Tegucigalpa, si erano incontrati invece ad Asunción. Contraria anche la delegazione del Nicaragua, che ha denunciato l'esclusione nella dichiarazione di temi fondamentali come la condanna esplicita del blocco contro Cuba o l'appoggio al Venezuela. Questi temi sono stati comunque presenti negli interventi di Xiomara Castro, che ha espresso la sua solidarietà con Caracas "di fronte alle aggressioni imperiali", ha ricordato che "Cuba non esporta terroristi, ma maestri, scienziati, medici e la dignità dei nostri popoli" e ha ricordato che "il modello neoliberista promosso dal Consenso di Washington negli anni Novanta ha svuotato le nostre economie, indebitato i nostri paesi concentrando il capitale in poche mani e privatizzato i servizi pubblici. I nostri giovani si sono trasformati in emigranti che, cercando il sogno americano, oggi sono espulsi in massa dagli Stati Uniti". La Celac, ha detto ancora Castro, "non è un'organizzazione perfetta, ma è nostra. È nata da un sogno, un ideale, l'utopia dei nostri libertadores e padri fondatori: l'integrazione dell'America Latina e dei Caraibi di fronte al colonialismo delle grandi potenze". 11/4/2025 |
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Panama cede alle richieste statunitensi Nonostante tutte le dichiarazioni sulla sovranità e l'indipendenza del Canale, il governo panamense è pronto a chinare il capo di fronte a molte delle richieste avanzate dagli Usa. Dopo un incontro l'8 aprile tra il presidente della nazione centroamericana e il capo del Pentagono, Pete Hegseth, quest'ultimo ha sottolineato "l'impegno del presidente Mulino di trasformare Panama nel primo paese del nostro emisfero ad abbandonare l'iniziativa della Via della Seta e di ridurre la presenza problematica della Cina nelle nostre aree". La presenza di Pechino nel suo "cortile di casa" è uno dei chiodi fissi di Washington: in un discorso nella base navale Vasco Núñez de Balboa, Hegseth ha affermato che gli Usa non permetteranno che la Cina o altri paesi mettano a rischio questa via di navigazione commerciale. "Imprese con sede in Cina continuano a controllare infrastrutture critiche nella zona del Canale - ha detto ancora Hegseth - Questo dà alla Cina la possibilità di realizzare attività di vigilanza a Panama e fa sì che Panama e Stati Uniti siano meno sicuri, meno prosperi e meno sovrani. E come ha segnalato il presidente Donald Trump, questa situazione è inaccettabile". In realtà il consorzio di Hong Kong che detiene il controllo sui due porti situati ai lati estremi del Canale è in procinto di vendere la sua partecipazione maggioritaria a un altro gruppo economico, di cui fa parte il potente fondo di investimenti statunitense BlackRock. Nella riunione tra Hegseth e Mulino si è anche deciso di rafforzare la cooperazione bilaterale in materia di sicurezza, difesa e stabilità regionale e di facilitare il passaggio rapido di navi militari statunitensi attraverso il Canale. In seguito, parlando con i giornalisti, il presidente Trump ha affermato che ingenti truppe statunitensi sono state mobilitate nel paese centroamericano, dove "è stato recuperato il controllo di alcune zone". Ma che Washington non intenda fermarsi qui lo dimostra la sostanziale differenza nel comunicato congiunto sull'incontro dell'8 aprile emesso dalle due parti. Nella versione in spagnolo, resa pubblica dal governo panamense, si afferma che Hegseth ha riconosciuto la sovranità di Panama sul Canale e sulle aree adiacenti. Nella versione in inglese della Casa Bianca questa parte è stata semplicemente cancellata. 11/4/2025 |
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Argentina, centinaia di migliaia in piazza il 24 marzo In centinaia di migliaia sono scesi in piazza in numerose città il 24 marzo, nell'anniversario del golpe del 1976, per urlare Nunca más. L'atto per la Memoria, la Verità e la Giustizia, convocato da organizzazioni di difesa dei diritti umani, partiti d'opposizione, sindacati e movimenti sociali ha rivestito una particolare importanza in un momento in cui dal governo viene il tentativo di negare i crimini della dittatura e cancellare le conquiste degli ultimi anni. In un documento letto durante la manifestazione di Buenos Aires si afferma che "con i 30.000 come bandiera, con le Madres e le Abuelas, con i sopravvissuti dei campi di concentramento, con i figli, le figlie, i nipoti e le nipoti dei detenuti desaparecidos e con l'insieme degli organismi per i diritti umani veniamo a dire a Milei che la memoria è la nostra arma". E si paragona l'attuale politica neoliberista a quella della giunta militare: "Conosciamo bene quelli che trassero beneficio dal sangue dei e delle 30.000. Oggi sono quegli stessi gruppi economici che si beneficiano del governo di Milei e di Victoria Villarruel per realizzare il medesimo modello economico di miseria ed esclusione di gran parte del popolo". Unanime la condanna della selvaggia repressione scatenata contro le mobilitazioni dei pensionati, che ogni mercoledì portano davanti al Congresso la loro protesta contro i tagli. Il 12 marzo la pacifica manifestazione, accompagnata da sindacati e movimenti sociali e dai tifosi delle squadre di calcio (dopo che, la settimana precedente, un anziano tifoso era stato picchiato dagli agenti) è stata violentemente attaccata dalla polizia. Decine i feriti, tra cui una donna di 87 anni e il giovane fotoreporter Pablo Grillo, in gravissime condizioni dopo essere stato colpito da un proiettile di gomma alla testa. Oltre 120 i fermati. Nonostante tutto questo, il mercoledì successivo i pensionati sono tornati a manifestare, dimostrando la volontà di non cedere. La loro è una battaglia per la sopravvivenza: quasi il 60% può contare ogni mese solo sull'equivalente del salario minimo (circa 265 dollari). 25/3/2025 |
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Messico, gli orrori di Teuchitlán Il paese è sconvolto per il ritrovamento, nel Rancho Izaguirre di Teuchitlán (Stato di Jalisco), di resti umani bruciati, scarpe, borse, indumenti e altri oggetti personali che fanno pensare a centinaia di vittime. Il luogo sarebbe stato usato come campo di "addestramento e sterminio" dal cartello Jalisco Nueva Generación e qualcuno ha ipotizzato anche l'esistenza di forni crematori. In settembre la Guardia Nacional si era scontrata con membri della delinquenza organizzata, arrestando dieci persone e liberando due sequestrati. Ma dopo di allora la Procura statale aveva affermato di non aver trovato traccia di altre attività criminali. Eppure in marzo i Guerreros Buscadores de Jalisco, un gruppo di familiari di desaparecidos che non si rassegnano alla scomparsa dei loro cari, hanno fatto la macabra scoperta. Teuchitlán, un tempo noto per un antico insediamento preispanico dalle caratteristiche piramidi cricolari, è diventato oggi il simbolo dell'orrore in cui i narcos hanno sprofondato alcune zone del Messico. Intervenendo sul caso Teuchitlán la presidente Sheinbaum, dopo aver espresso la sua vicinanza alle famiglie degli scomparsi, ha assicurato: "Agiremo nel quadro della legge e con tutta la forza dello Stato" contro l'impunità. E ha annunciato una serie di azioni per fronteggiare il fenomeno, prima tra tutte il rafforzamento della Comisión Nacional de Búsqueda per ampliare la sua capacità di indagine anche attraverso l'acquisizione di nuovi strumenti tecnologici. Gli avversari della Cuarta Transformación non hanno però tralasciato l'occasione per attaccare il governo, diffondendo in soli quattro giorni decine di migliaia di falsi account su X che hanno generato oltre un milione di hashtag quali #NarcoPresidentaClaudia e #NarcoExPresidenteAMLO. Una vera e propria guerra sucia per la quale sono stati spesi 20 milioni di pesos con l'intento di destabilizzare le istituzioni. LE RIFORME DELLA PRESIDENTE SHEINBAUM. Celebrando l'anniversario della nazionalizzazione dell'industria petrolifera, avvenuta il 18 marzo 1938, la presidente Claudia Sheinbaum ha affermato che "il miglior omaggio che possiamo fare al generale Lázaro Cárdenas e al popolo del Messico" è la promulgazione delle leggi di riforma (già approvate dal Congresso) volte al rafforzamento di Petróleos Mexicanos e della Comisión Federal de Electricidad come imprese pubbliche dello Stato. Viene così consolidata la sovranità energetica del paese, cancellando la controriforma neoliberista promossa nel 2013 dal priista Peña Nieto, che mirava a trasformare petrolio ed elettricità in redditizi affari privati. Alla cerimonia era presente Cuauhtémoc Cárdenas, figlio del generale. Un'altra importante iniziativa di riforma inviata dalla presidenza al Congresso prevede l'aggiunta di due paragrafi all'articolo 40 della Costituzione, per mettere in chiaro - ha detto Sheinbaum - che con qualsiasi paese, e soprattutto con gli Stati Uniti, "collaboriamo, ci coordiniamo, lavoriamo insieme, ma non ci sottometteremo mai". I paragrafi proposti affermano: "Il popolo del Messico, in nessuna circostanza accetterà interventi, intromissioni o qualsiasi altro atto dall'estero che sia lesivo dell'integrità, dell'indipendenza e della sovranità della nazione, come colpi di Stato, ingerenza nelle elezioni o violazione del territorio messicano, sia questa per terra, mare o spazio aereo. E neppure consentirà alcun intervento in indagini e persecuzione senza l'autorizzazione e la collaborazione espressa dello Stato messicano nel quadro delle leggi in vigore". In dicembre Claudia Sheinbaum aveva firmato il decreto per la pubblicazione sul Diario Oficial, in 57 lingue originarie, della riforma costituzionale adottata durante il mandato di López Obrador, che per la prima volta riconosce i 68 popoli nativi come soggetti di diritto pubblico con personalità giuridica e patrimonio proprio, obbliga a consultazioni in merito a progetti che riguardino le loro comunità e dichiara il Messico "nazione multietnica". Il mese precedente era stato presentato il Plan Nacional Hídrico, con il quale "si lascia alle spalle la visione neoliberista" dell'acqua come merce. Un persorso, iniziato già da López Obrador, al quale verrà dato maggior impulso per recuperare questa risorsa "come bene della nazione e come diritto umano". 20/3/2025 |
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Luis Almagro lascerà la guida dell'Oea In maggio l'uruguayano Luis Almagro lascerà la guida dell'Organización de los Estados Americanos. A sostituirlo è stato designato il ministro degli Esteri del Suriname, Albert Ramdin: sarà il primo rappresentante di un paese dei Caraibi ad assumere l'incarico di segretario generale dell'Oea. E proprio gli Stati caraibici, insieme ai governi progressisti della regione (Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Messico, Uruguay) sono stati determinanti nella nomina. Ramdin era rimasto l'unico candidato dopo il ritiro del suo avversario, il paraguayano Rubén Ramírez Lezcano, spinto alla rinuncia per l'assottigliarsi del gruppo dei suoi sostenitori. "Il mio impegno è di servire tutti gli Stati membri di questa organizzazione - sono state le prime parole del segretario eletto - La nostra forza collettiva si basa sulla nostra capacità di lavorare insieme". A differenza di Almagro, perennemente allineato agli interessi statunitensi, Ramdin si è detto disposto a intavolare un dialogo con il governo Maduro e in febbraio aveva ricevuto il suo omologo venezuelano Yván Gil, allo scopo di "rinsaldare i legami". Una posizione agli antipodi di quella di Ramírez Lezcano, secondo il quale l'Oea dovrebbe adoperarsi perché Venezuela, Cuba e Nicaragua (che attualmente non hanno rappresentanti nell'organizzazione) "tornino al sistema democratico e abbiano governi rispettati e rispettabili". Sulla Cina (membro osservatore senza diritto di voto) il paraguayano esprime la posizione del suo paese: Asunción riconosce Taiwan e non intrattiene relazioni diplomatiche con la Repubblica Popolare. Ramírez Lezcano sostiene l'importanza di vigilare affinché l'appoggio ricevuto da paesi terzi "non faccia deviare" l'Oea dai suoi obiettivi. Il nuovo segretario generale invece mantiene buoni rapporti con Pechino e lo scorso anno si era incontrato con il suo omologo cinese, suscitando la preoccupazione di Washington. Secondo Ramdin, all'interno dell'Oea "tutti i paesi devono avere la stessa opportunità di poter parlare, influire e contribuire". 11/3/2025 |
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Venezuela, torna la tensione con la Guyana Il presidente della Guyana, Irfaan Ali, ha ordinato una mobilitazione delle forze aeree e navali come risposta all'incursione di una nave militare venezuelana in acque che considera sotto la sua sovranità, nei pressi di una piattaforma della transnazionale ExxonMobil. Il Ministero degli Esteri di Caracas ha risposto affermando che quella zona marittima è ancora contesa e che Georgetown non aveva alcun diritto di concederne lo sfruttamento petrolifero. Come c'era da aspettarsi, il Dipartimento di Stato Usa ha spalleggiato la posizione della Guyana e l'Organización de los Estados Americanos ha accusato Caracas di "minare la stabilità e minacciare i principi di convivenza pacifica". L'appoggio di Washington a una delle parti in causa nella controversia è solo l'ultimo di una serie di passi volti a indebolire il governo Maduro. Rientra in questo quadro l'annuncio di pochi giorni prima di revocare la licenza per l'esportazione di greggio venezuelano concessa alla compagnia petrolifera Chevron. E in precedenza gli Stati Uniti avevano confiscato un aereo della República Bolivariana nell'aeroporto di Santo Domingo, con il pretesto della violazione delle sanzioni statunitensi, una decisione che Caracas aveva definito "un furto". Si interrompe così la breve tregua che a fine gennaio aveva visto la liberazione di sei cittadini statunitensi detenuti nelle carceri venezuelane e il rimpatrio di 366 migranti espulsi dal territorio Usa. Tra le ragioni addotte da Trump per giustificare la revoca alla Chevron figurano naturalmente le accuse di brogli avanzate dall'opposizione in merito alle elezioni presidenziali del 28 luglio, che hanno visto la vittoria di Maduro. Una vittoria che gli Stati Uniti, come del resto Israele e l'Unione Europea, non hanno mai riconosciuto. Il 10 gennaio Nicolás Maduro ha giurato per il suo terzo mandato davanti all'Asamblea Nacional e a 120 delegazioni internazionali e la Fuerza Armada Nacional Bolivariana gli ha ratificato la sua lealtà. E questo nonostante nella Repubblica Dominicana il candidato sconfitto Edmundo González Urrutia, proclamatosi presidente eletto, avesse intimato agli alti comandi militari di "non obbedire agli ordini illegali" provenienti "da chi confisca il potere". La debolezza dell'opposizione era apparsa chiara il giorno precedente l'insediamento: in piazza erano scese poche migliaia di persone anziché il milione di manifestanti che era stato promesso. Ed era durata poco la fake news sull'arresto di María Corina Machado, di cui non era stata presentata alcuna prova. In seguito il ministro dell'Interno, Diosdado Cabello, ha rivelato che prima della cerimonia di investitura erano stati scoperti e sgominati piani di attacco a installazioni militari e che la protesta del 9 gennaio avrebbe dovuto essere il segnale di una rivolta contro la República Bolivariana. 3/3/2025 |
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Argentina, il criptogate di Javier Milei Uno scandalo finanziario internazionale. È quello che ha come protagonista il presidente Javier Milei, che la sera del 14 febbraio ha promosso, sul suo account X, il lancio della criptovaluta $Libra, creata solo pochi minuti prima, presentandola come "un progetto privato per incentivare l'economia argentina e finanziare piccole imprese e affari". L'annuncio, con annesso link per l'acquisto, ha attirato subito migliaia di persone e il prezzo di $Libra è schizzato in pochissimo tempo alle stelle: a questo punto gli sviluppatori del progetto, che controllavano una grossa percentuale dell'offerta, si sono affrettati a vendere ottenendo enormi profitti, prima che il valore della nuova criptovaluta crollasse lasciando gli incauti investitori con perdite intorno ai 250 milioni di dollari. L'operazione viene definita dagli esperti rug pull: "togliere il tappeto (da sotto i piedi)". Il caso scoppia quando si viene a sapere che in precedenza il presidente si era incontrato e si era fatto fotografare con i responsabili del progetto, compresi i proprietari di una piccola impresa di Singapore. la Kip Protocol, su cui lo stesso Milei ha gettato poi la colpa dell'accaduto. Mentre fioccano le denunce penali in Argentina e negli Stati Uniti, la maggioranza riesce a bloccare al Senato la creazione di una commissione d'inchiesta. Non è la prima volta che Milei è invischiato in operazioni poco chiare di questo tipo. Quando era deputato aveva consigliato di investire in un'altra criptomoneta, CoinX, che avrebbe "aiutato gli argentini a sfuggire all'inflazione". Anche questa si era rivelata una frode e Milei era stato denunciato per la sua partecipazione nel raggiro. Se il criptogate, come è stato subito denominato, ha inferto un duro colpo alla credibilità del capo dello Stato, cresce l'opposizione contro la sua politica economica. Come sostiene il gruppo di sacerdoti di Opción por los Pobres, Milei governa "a forza di decreti e veti, giustificando tutto con numeri sempre falsati, generando fame in maniera crescente tra la popolazione e promuovendo la legge della foresta in nome di una falsa libertà. È il trionfo dell'individualismo, del razzismo e dell'odio che conducono alla disintegrazione sociale". E mentre il prezzo degli alimenti e le tariffe di luce e gas continuano ad aumentare, il governo ha deciso la sospensione dei medicinali gratuiti per gli anziani con pensione minima. E i pensionati, che tutti i mercoledì protestano pacificamente davanti al Congresso, sono accolti con cariche della polizia e gas lacrimogeni. Non sono solo i pensionati a scendere in piazza. Il 5 dicembre erano in migliaia per una mobilitazione organizzata dalle due centrali sindacali Cta, cui si erano uniti movimenti sociali e studenti universitari, con lo slogan: "La patria non si vende; per un'Argentina senza fame, con pace, giustizia sociale e sovranità". Erano addirittura milioni il primo febbraio, a Buenos Aires e in tante altre città, a rispondere alla convocazione dei gruppi lgbtq+ per una Marcha Federal del Orgullo Antifascista y Antirracista. Era la risposta al discorso del presidente che, al Foro Economico Mondiale di Davos, aveva affermato: "L'ideologia di genere costituisce molto semplicemente abuso infantile. Sono pedofili", aggiungendo che "il femminismo, l'uguaglianza, l'ideologia di genere, il cambiamento climatico, l'aborto e l'immigrazione sono tutte teste dello stesso mostro, il cui fine è giustificare l'avanzata dello Stato". E il 15 febbraio si è conclusa, con l'appoggio di un centinaio di organizzazioni, la giornata di veglia promossa dalle Madres e Abuelas de Plaza de Mayo di fronte alla Casa Rosada, una mobilitazione che venne realizzata per la prima volta nel 1981. Proprio in questo periodo di attacco a chi lotta per la memoria le Abuelas hanno registrato importanti vittorie, annunciando tra dicembre e gennaio il ritrovamento di due nuovi nipoti che la dittatura aveva sottratto alle famiglie originarie. Il primo è figlio di militanti Montoneros sequestrati nel 1976 nella capitale; i genitori della seconda appartenevano al Partido Comunista Marxista Leninista e vennero catturati nel 1977. Tutti e quattro figurano tra i desaparecidos. 18/2/2025 |
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El Salvador, Bukele contro i difensori dell'acqua Il 13 febbraio l'ex magistrato del Tribunal Supremo Electoral Eugenio Chicas è stato arrestato con accuse pretestuose. Molti hanno visto in questo una vera e propria vendetta da parte di Nayib Bukele, che nel 2018 (quando era candidato presidenziale) era stato da lui sconfitto in una causa per diffamazione e aveva dovuto pagargli 50.000 dollari. Non stupisce dunque che nel novembre scorso un tribunale di San Salvador lo abbia dichiarato colpevole di arricchimento illecito e lo abbia condannato al pagamento di oltre 200.000 dollari. Ma la questione non si esaurisce in uno scontro personale: Chicas era stato testimone della difesa nel processo contro gli ambientalisti di Santa Marta, assolti nell'ottobre 2024 dopo 21 mesi di carcerazione arbitraria. La sua detenzione è dunque l'ultimo episodio, in ordine di tempo, della battaglia tra il presidente e le comunità in lotta contro la riapertura delle miniere. L'industria estrattiva era stata proibita nel 2017 per le sue gravi conseguenze ambientali e sociali; solo lo scorso dicembre, con una rapida seduta del Congresso (dove Bukele gode della maggioranza) il divieto è stato cancellato. In previsione di questo voto era già partita la persecuzione giudiziaria degli ambientalisti delle zone più interessate all'attività mineraria. Per attaccare cinque difensori dell'acqua di Santa Marta la Fiscalía General aveva rispolverato un'accusa risalente a oltre trent'anni fa, durante la guerra civile nel paese. Il loro vero crimine: come membri della Mesa Nacional frente a la Minería Metálica avevano combattuto e vinto l'impresa canadese Pacific Rim Mining Corporation (acquistata nel 2013 dall'australiana OceanaGold). Nonostante l'assoluzione di ottobre, la causa contro di loro è stata ora riaperta e verrà discussa presso un altro tribunale. "L'attività mineraria a livello industriale porta allo spostamento di popolazioni, priva la gente dei suoi luoghi d'origine - avverte Andrés Mckinley, esperto in questi temi dell'Universidad Centroamericana José Simeón Cañas - È davvero una situazione che ci fa chiedere se sarà possibile sostenere la vita nel paese". E il processo contro i cinque difensori dell'acqua, che avevano contribuito a fare del Salvador la prima nazione al mondo a vietare l'estrazione dei metalli, è un appoggio agli interessi del regime di Bukele. Contro la reintroduzione dell'attività estrattiva i salvadoregni sono scesi in piazza nella capitale il 19 gennaio e a fine mese diverse comunità del dipartimento di Cabañas hanno realizzato una "camminata per la vita" consapevoli che, diversamente dai benefici economici promessi dal capo dello Stato, la riapertura delle miniere favorirà unicamente le grandi compagnie transnazionali, lasciando sul posto solo inquinamento (tra l'altro contaminando il Río Lempa, principale fonte di acqua potabile per circa quattro milioni di persone). La Chiesa Cattolica ha lanciato una raccolta di firme per chiedere al Congresso la deroga della legge. EL SALVADOR OSPITERA' DETENUTI USA? Il presidente Bukele ha proposto all'inviato dell'amministrazione Trump, il segretario di Stato Marco Rubio, di ospitare nel sistema penitenziario salvadoregno, dietro un compenso pro capite, detenuti sia di cittadinanza statunitense sia di altre nazionalità che abbiano ricevute condanne definitive negli Usa. L'ipotesi ha sollevato le critiche dell'opposizione, che già contesta gli arresti arbitrari e i tanti casi di violazione dei diritti umani che avvengono nelle prigioni del paese. Nelle carceri del Salvador erano rinchiusi, nel giugno dello scorso anno, quasi 108.000 detenuti (più di 81.000 arrestati durante il mandato di Bukele): è la nazione con la maggior tassa di reclusi al mondo in rapporto al numero di abitanti. 14/2/2025 |
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Ecuador, Noboa e González al ballottaggio Saranno l'attuale capo dello Stato Daniel Noboa, di Acción Democrática Nacional, e la candidata del correista Movimiento Revolución Ciudadana Luisa González Alcívar a confrontarsi nel ballottaggio del 13 aprile. Le consultazioni del 9 febbraio si sono concluse con Noboa che, con il 44% dei suffragi, supera González per una manciata di voti. Al terzo posto, con poco più del 5%, Leonidas Iza di Pachakutik (il braccio politico della Conaie): il movimento indigenista si conferma così l'ago della bilancia. Il presidente in carica contava su una vittoria al primo turno, ma le sue speranze sono andate presto deluse e le sue denunce di brogli sono state smentite dagli osservatori dell'Oea e dell'Unione Europea. Per quanto riguarda la composizione della prossima Asamblea Nacional, Mrc e Adn hanno ottenuto il maggior numero di seggi, ma nessuna delle due formazioni può contare sulla maggioranza assoluta e il vincitore delle presidenziali sarà costretto a ricercare alleanze con i partiti minori. La campagna elettorale è stata contrassegnata dalla violenza: del resto l'Ecuador ha il poco invidiabile primato del più alto tasso di omicidi della regione, con le strutture criminali profondamente infiltrate nell'apparato statale. La proclamazione dello stato d'emergenza in diverse zone e la militarizzazione della sicurezza non hanno portato a frenare la violenza, anzi, hanno provocato una serie di esecuzioni extragiudiziarie. Il caso più drammatico riguarda quattro ragazzini afroecuadoriani, catturati in dicembre dai militari perché sospettati di tentato furto e i cui corpi sono stati ritrovati in seguito carbonizzati. Prima del voto era scoppiato anche il conflitto istituzionale tra Noboa e la sua vice, Verónica Abad, che il presidente aveva cercato di sostituire con una funzionaria di sua fiducia, Cynthia Gellibert. La polemica tra i due era in corso da tempo, ma era diventata di particolare rilevanza nel momento in cui la vice avrebbe dovuto assumere le funzioni di capo dello Stato al posto di Noboa, impegnato nella campagna per la rielezione. La vicenda aveva avuto anche risvolti giudiziari: in gennaio la giudice costituzionale Nobia Vera aveva ordinato l'immediato reintegro di Abad nel suo ruolo di vicepresidente. 13/2/2025 |
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L'America Latina di fronte al tornado Trump Tra i primi decreti firmati dal nuovo presidente statunitense, Donald Trump, figura la deportazione degli immigrati irregolari verso i paesi d'origine, deportazione che è iniziata con oltre 260 guatemaltechi. Per compiacere l'elettorato più reazionario, i primi trasferimenti sono avvenuti in modo plateale: le persone espulse sono state imbarcate sugli aerei incatenate in lunghe file, quasi fossero pericolosi delinquenti. Scene che hanno fatto ricordare gli africani al mercato degli schiavi e che hanno provocato le proteste di molti governi latinoamericani. Le autorità brasiliane hanno condannato "il flagrante disprezzo dei diritti fondamentali" dei concittadini, ordinando la loro immediata liberazione dai ferri. In Colombia il presidente Gustavo Petro ha proibito l'arrivo di due aerei statunitensi con deportati a bordo finché a questi non fosse garantito un trattamento "dignitoso". La decisione ha provocato una crisi diplomatica, con l'immediata reazione di Trump che ha ordinato l'imposizione di dazi del 25% a tutti i prodotti colombiani, nonché restrizioni di viaggio e revoca dei visti per i funzionari di Bogotá. Il paese sudamericano ha risposto con analoghi dazi sulle importazIoni dagli Usa. Alla fine si è raggiunto un accordo, anche se dalla Casa Bianca si è voluto far credere che il governo di Bogotá avesse ceduto su tutto, accettando il rimpatrio dei connazionali alle condizioni imposte da Washington. E molti media internazionali hanno dato retta a questa versione, riportando la notizia della resa totale di Petro. In realtà quest'ultimo ha ottenuto che i migranti colombiani tornassero a casa in velivoli della forza aerea nazionale e che viaggiassero senza manette, come documentato dalle foto scattate a bordo e diffuse da fonti ufficiali. Anche la presidente Claudia Sheinbaum ha dovuto fronteggiare il ricatto di Washington, pur se - come hanno fatto notare le autorità messicane - l'imposizione di dazi rischia di danneggiare in primis l'economia del colosso del Nord, viste le tante aziende Usa che hanno spostato la produzione oltre confine per approfittare della manodopera meno costosa. Città del Messico comunque si è preparata ad accogliere il ritorno dei suoi emigranti (ne sono già arrivati oltre seimila) con il programma México te abraza che mira a fornire, a chi è costretto al rientro, appoggio sociale e prospettive di lavoro. Quanto ai dazi del 25% sulle merci messicane (e canadesi), sono stati sospesi per trenta giorni in cambio di un maggior controllo alle frontiere per bloccare il commercio di fentanyl. Sheinbaum ha disposto l'invio di 10.000 militari della Guardia Nacional e gli Stati Uniti si sono impegnati a esercitare un maggiore controllo sul traffico di armi verso il confine meridionale. Altro punto caldo nei rapporti tra America Latina e Casa Bianca è Panama. Il presidente José Raúl Mulino, dopo aver a più riprese ribadito la sovranità panamense sul Canale, si è incontrato con il segretario di Stato Usa Marco Rubio, al quale ha promesso di non rinnovare l'intesa firmata con Pechino sulla Via della Seta (Trump si era lamentato dell'eccessiva presenza della Cina a Panama) e ha offerto agli Stati Uniti l'uso di una base militare nel Darién per facilitare il rimpatrio dei migranti espulsi. Basterà tutto questo per evitare l'invasione dei marines nel paese centroamericano? 4/2/2025 |
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L'amministrazione Trump torna alla "politica dura" contro Cuba Neanche una settimana prima dell'assunzione di Donald Trump, il presidente Joe Biden, pur non eliminando il bloqueo, aveva cancellato Cuba dall'elenco dei paesi patrocinatori del terrorismo, togliendo anche alcune sanzioni finanziarie e sospendendo la possibilità per i cittadini statunitensi di ricorrere davanti ai tribunali contro l'esproprio delle loro proprietà all'indomani della Rivoluzione. Nel frattempo il governo dell'Avana annunciava la liberazione, in seguito alla mediazione del Vaticano, di 553 detenuti condannati per diversi reati. Ma il sollievo dei democratici di tutto il mondo è durato poco: tra i primi provvedimenti di Trump figura il reinserimento dell'isola nella lista nera e il ritorno a una "politica dura" nei confronti dell'Avana. Del resto c'era da aspettarselo vista la scelta di Marco Rubio, un feroce anticastrista, come segretario di Stato. Il pretesto per l'inasprimento delle misure sarebbe l'appoggio dato "per molto tempo" da Cuba ad "atti di terrorismo internazionale". Si tratta di "un altro abuso, avvolto nella menzogna, per giustificare l'assedio criminale" contro il paese, ha commentato il presidente cubano Díaz-Canel. E in un comunicato del Ministero degli Esteri si afferma che le decisioni della nuova amministrazione Usa sono dettate "dall'impegno contratto con famiglie reazionarie e gruppi speciali di interesse negli Stati Uniti e in Florida", una dimostrazione "della natura corrotta con cui generalmente opera questo governo". Una risposta alla politica di Washington è venuta dalle migliaia di giovani che il 27 gennaio hanno partecipato alla tradizionale Marcha de las Antorchas, organizzata dalla Federación Estudiantil Universitaria, con lo slogan Siempre antimperialista, alla vigilia del 172° anniversario della nascita di José Martí. La prima marcia delle fiaccole, avvenuta nel 1953 in occasione del centenario di Martí, aveva rappresentato una sfida al regime di Batista da parte di quella che sarebbe poi passata alla storia come Generación del Centenario. 2/2/2025 |
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Colombia, i "crimini di guerra" dell'Eln Nella regione del Catatumbo (dipartimento di Norte de Santander) oltre 40.000 persone sono state costrette ad abbandonare le proprie case per sfuggire alla violenza. Sono almeno ottanta i morti provocati dagli attacchi dei guerriglieri dell'Eln contro membri del Frente 33, una delle dissidenze delle Farc. Secondo Indepaz, l'Instituto de Estudio para el Desarrollo y la Paz, tra le vittime ci sono due minori e un bambino di appena nove mesi. Le risorse minerarie e le condizioni climatiche, che ne fanno un luogo ideale per la coltivazione della coca, rendono il Catatumbo una delle zone più contese dai gruppi armati. Il presidente Gustavo Petro ha dichiarato lo stato d'emergenza, ha definito "crimini di guerra" le azioni dell'Ejército de Liberación Nacional e ha dichiarato la sospensione del dialogo in quanto "l'Eln non ha nessuna volontà di pace". "Quanto successo nel Catatumbo non è se non un'ulteriore dimostrazione del passaggio delle guerriglie insurrezionali verso organizzazioni narcoarmate L'azione di massacro commessa dall'Eln con forze fatte venire da Arauca verso il Catatumbo ricalca perfettamente l'agire dei gruppi paramilitari quando, sotto la direzione di Mancuso, giunsero in zona: un massacro di contadini e civili indifesi - ha scritto Petro sul suo account X - L'Eln si è allontanato dalla teoria dell'amore efficace del suo fondatore, il sacerdote Camilo Torres Restrepo, di cui ancora conservo la tonaca, e si è spostato verso le strade di Pablo Escobar, che hanno scelto come loro guida permanente. È il passaggio che ogni essere umano fa quando il suo cuore è vinto dall'avidità o, come direbbe José Eustasio Rivera, è vinto dalla violenza. Ho conosciuto molti militanti dell'Eln quando ero in carcere o nelle mie notti di amore e di guerra: ho sempre ammirato i loro principi, la loro dedizione rivoluzionaria; credo che questo Eln sia morto". 25/1/2025 |
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Haiti, la missione internazionale non frena la violenza Sono oltre un milione le persone che hanno dovuto abbandonare le loro case a causa della violenza delle bande criminali: lo afferma l'International Organization for Migration. Nel corso del 2024 si calcola che gli assassinati siano stati più di 5.600. Tra questi quasi duecento anziani e leader religiosi vudù di Port-au-Prince, fatti uccidere per vendetta da un capoclan che li accusava di aver provocato, con un maleficio, la morte del figlio. Nel paese regna il caos e la furia della criminalità non risparmia neppure gli ospedali: in dicembre è stato incendiato il Bernard Mevs, uno dei pochi centri di cura ancora funzionanti. A peggiorare la crisi umanitaria l'arrivo nel paese di 200.000 haitiani espulsi dalla vicina Repubblica Dominicana. La situazione peggiore è quella dei minori che spesso, per sfuggire alla fame, si vendono sul mercato del sesso oppure vanno a ingrossare le file delle gang, dove il reclutamento di giovanissimi è cresciuto enormemente negli ultimi tempi. E l'intervento della Missione Internazionale di Appoggio alla Sicurezza sotto comando keniano non sembra in grado di frenare la violenza, anche se agli iniziali 400 agenti del Kenya si sono aggiunti circa 150 poliziotti provenienti da Guatemala, Belice, Giamaica e Bahamas e altri 217 dal Kenya. Sul piano politico in novembre il Conseil Présidentiel de Transition ha deciso la destituzione del primo ministro Garry Conille, con cui l'organo aveva in corso da tempo un conflitto sul controllo del governo. A succedergli è stato designato l'imprenditore Alix Didier Fils-Aimé, ex presidente della Camera del Commercio e dell'industria haitiana. Una sostituzione non indolore: Conille ha infatti definito illegittima e contraria alla Costituzione la sua rimozione. 19/1/2025 |
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Honduras, la risposta di Xiomara Castro a Trump Con un discorso pieno di dignità, la presidente Xiomara Castro ha risposto alle minacce di Donald Trump di cacciare dagli Usa migliaia di immigrati irregolari. "Di fronte a un atteggiamento ostile di espulsione di massa dovremmo considerare un cambiamento nelle nostre politiche di cooperazione con gli Stati Uniti, specialmente in campo militare dove senza pagare un centesimo mantengono da decenni basi militari sul nostro territorio", ha affermato Xiomara aggiungendo che in tal caso quelle basi "perderebbero ogni ragione di esistere in Honduras". La presidente si augura dunque che Trump "non assuma rappresaglie inutili contro i nostri migranti, che in genere recano un grosso apporto all'economia statunitense". Si calcola che circa 250.000 honduregni potrebbero essere deportati dagli Stati Uniti e il paese - a detta del Ministero degli Esteri - non è in condizioni di riceverli adeguatamente. L'ARRESTO DEL GENERALE ROMEO VASQUEZ. Il generale Romeo Vásquez, ex capo di stato maggiore congiunto, è stato arrestato per la sua responsabilità nell'omicidio, per mano di militari, del manifestante diciannovenne Isis Obed Murillo e nel ferimento di Alex Zavala nel corso della repressione contro le proteste per il golpe del 2009. Insieme a Vásquez sono stati arrestati altri due ex alti ufficiali. Il 5 luglio, pochi giorni dopo il colpo di Stato, il deposto presidente Zelaya aveva tentato di rientrare in patria a bordo di un aereo: all'aeroporto c'erano ad attenderlo decine di migliaia di sostenitori. In quell'occasione i soldati avevano aperto il fuoco sulla folla uccidendo il giovane Murillo e ferendo gravemente Zavala. 6/1/2025 |
a cura di Nicoletta Manuzzato |