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Bolivia, nuovi tentativi golpisti Continuano in Bolivia le manovre per destabilizzare il governo Arce. Questa volta l'opposizione ha tratto pretesto da una proposta di legge contro il riciclaggio di denaro sporco, definendo "una persecuzione politica" le norme previste. Lo sciopero nazionale mirante ad affossare la legge 1386, Estrategia Nacional de Lucha contra la Legitimación de Ganancias Ilícitas y el Financiamiento al Terrorismo, proclamato l'11 ottobre da trasportatori, commercianti informali e comités cívicos, è stato osservato in maniera compatta nel dipartimento di Santa Cruz, baluardo dell'estrema destra, e in modo minore in quello di Potosí. E ha contato sul sostegno di settori popolari che non venivano minimamente toccati dal provvedimento, ma che si sono lasciati irretire da una propaganda dalle aperte intenzioni golpiste. Immediata è stata la risposta del Movimiento al Socialismo, dei sindacati e dei movimenti indigeni: massicce manifestazioni in appoggio al governo si sono tenute in tutte le principali città. I popoli originari si sono mobilitati anche in difesa della wiphala, la loro bandiera, che proprio a Santa Cruz era stata ammainata per ordine del governatore Luis Fernando Camacho, uno dei protagonisti del golpe del 2019. L'opposizione non ha però interrotto le proteste neanche dopo il ritiro della contestata legge, proclamando dall'8 novembre un nuovo sciopero a tempo indeterminato per ottenerne l'annullamento. Cortei, blocchi stradali, scontri con la polizia e aggressioni a sostenitori del governo si sono susseguiti, con decine di arresti, diversi feriti e la morte a Potosí di un giovane contadino vicino al Mas. Il 14 novembre il presidente Arce annunciava la cancellazione definitiva della legge 1386, denunciando dietro l'accaduto l'azione di "gruppi che hanno altri interessi al di là dei bisogni e delle inquietudini dei settori sociali". In effetti l'estrema destra non ha mai nascosto che il vero obiettivo era quello di gettare il paese nel caos, creando così le condizioni per un colpo di Stato. Già nell'ottobre 2020 era stato progettato un attentato alla vita di Arce, come ha rivelato il sito web The Intercept e come dimostrato dall'intercettazione di alcune telefonate e da una serie di mail. A capo dei cospiratori era l'ex ministro della Difesa di Jeanine Añez, Luis Fernando López, che aveva contrattato l'invio in Bolivia, da una base militare nei pressi di Miami, di centinaia di mercenari stranieri. Questi avrebbero dovuto uccidere il presidente eletto e impedirgli di assumere il potere. La complessa rete di protezione costruita dal Mas attorno ad Arce provocò il fallimento del piano. Contro ogni minaccia eversiva il capo dello Stato ha chiesto pubblicamente ai militanti del Mas una "mobilitazione permanente" e a fine novembre ha partecipato, insieme a Evo Morales, alla grandiosa Marcha por la Patria, che ha percorso in sette giorni i quasi duecento chilometri che separano Caracollo (nel dipartimento di Oruro) da La Paz. Attraversando la città di El Alto, Arce ha ricordato all'opposizione che "con il popolo non si scherza". E al termine della marcia, in una piazza San Francisco strapiena, Morales ha chiesto che si faccia giustizia per gli avvenimenti del 2019 "perché mai più tornino i golpisti". (30/11/2021)
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cura di Nicoletta Manuzzato |