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El Salvador, Bukele rieletto tra denunce di irregolarità

Sono stati resi noti dal Tribunal Supremo Electoral i risultati definitivi delle presidenziali del 4 febbraio: Nayib Bukele è stato rieletto con l'82,6% dei voti. Un risultato poco credibile, anche tenendo conto della grande popolarità conquistata dal capo dello Stato con la sua spregiudicata lotta alle maras. In realtà vengono taciute le tante denunce di brogli e di irregolarità: disconnessione del sistema durante la trasmissione dei conteggi, mancanza di dati ufficiali, sostituzione degli scrutatori designati... Senza contare che i salvadoregni si sono recati alle urne nel quadro di un estado de excepción in vigore dal marzo del 2022 (e che dopo il voto è stato prorogato per altri 30 giorni).

Del resto nel suo primo mandato Bukele ha governato attraverso un controllo assoluto sul potere legislativo, grazie al quale ha potuto destituire il procuratore generale e i membri della Sala Constitucional della Corte Suprema, designando al loro posto magistrati a lui fedeli. Sono stati proprio questi ultimi a permettergli di aggirare la Costituzione, che vietava la sua ricandidatura. Quanto all'opinione pubblica, è stata manipolata attraverso la diffusione via social di fake news e l'uso di profili falsi creati dalla sua macchina propagandistica, mentre i giornalisti critici vengono intimiditi e perseguitati: solo nel 2023 l'Asociación de Periodistas ha documentato 311 aggressioni a lavoratori dell'informazione.

Anche la nuova Asamblea Legislativa, votata sempre il 4 febbraio, è allineata all'esecutivo: il partito di Bukele, Nuevas Ideas, ha ottenuto 55 seggi su 60. Gli altri cinque seggi sono così ripartiti: due al Pdc (Partido Demócrata Cristiano), due ad Arena (Alianza Republicana Nacionalista) e uno a Vamos; nessun rappresentante per Fmln e Gana (Gran Alianza por la Unidad Nacional). Nel Parlamento Centroamericano tredici deputati vanno a Nuevas Ideas, due ad Arena, due al Farabundo Martí, uno ciascuno a Gana, Pdc e Pcn (Partido de Concertación Nacional).

Certo il capo dello Stato può vantarsi di aver "risolto" il problema della sicurezza: il tasso di omicidi, un tempo tra i più alti al mondo, è crollato pesantemente ed è ora tra i più bassi del Centro America. Ma a prezzo di pesanti violazioni dei diritti umani. Il paese si è aggiudicato il primato mondiale del più alto numero di detenuti: oltre 75.000, l'1,4% della popolazione; si calcola che tra questi vi siano migliaia di innocenti. Le forze di sicurezza possono arrestare chiunque giudichino sospetto, senza necessità di indagini e mandati di cattura; la carcerazione preventiva non ha bisogno che venga formulato alcun capo d'accusa. Sono stati inoltre approvati i processi di massa: fino a 900 imputati per volta, rendendo praticamente impossibile al singolo dimostrare la propria estraneità ai fatti. Per ospitare parte di questa enorme popolazione carceraria è stato inaugurato un anno fa il più grosso penitenziario del continente americano.

Il controllo sulla magistratura permette al capo dello Stato di attaccare, con accuse pretestuose, l'opposizione. L'ultimo bersaglio è l'ex democristiano Rubén Zamora che, dopo aver lottato con il Frente Democrático Revolucionario (alleato del Fmln) contro l'ultimo regime militare ed essere stato costretto all'esilio, con gli accordi di pace era tornato in patria e durante i governi del Frente aveva ricoperto l'incarico di ambasciatore negli Stati Uniti e presso le Nazioni Unite. Negli ultimi anni con il suo movimento, Resistencia Ciudadana, Zamora ha apertamente criticato la politica di Bukele. Nel dicembre scorso una giudice ha emesso contro di lui un mandato d'arresto: come membro della Junta Directiva del Parlamento, che nel 1993 approvò la Ley General de Amnistía (in seguito dichiarata incostituzionale), avrebbe coperto le responsabilità dei militari accusati della strage di El Mozote (1981). Da notare che la sua firma non compare sotto quel decreto di amnistia perché Zamora si rifiutò di sottoscriverlo. L'ordine di cattura nei suoi confronti è stato poi ritirato, ma il procedimento prosegue. E il 7 febbraio è morto in carcere, per cause non ancora chiarite, l'ex assessore per la Sicurezza Nazionale Alejandro Muyshondt. Era finito in cella in agosto sotto l'accusa di aver rivelato ai giornalisti e all'opposizione documenti segreti a favore dell'ex presidente Mauricio Funes, condannato per corruzione e attualmente rifugiato in Nicaragua. Poco prima del suo arresto Muyshondt aveva denunciato per narcotraffico un deputato di Nuevas Ideas.

Intanto Bukele rafforza la sua immagine negli ambienti della destra continentale. Il 22 febbraio ha partecipato alla conferenza annuale organizzata dai conservatori a Washington, dove è stato accolto come una rock-star e nel suo intervento ha invitato a una “lotta senza sensi di colpa” contro le “forze oscure” che stanno prendendo il controllo degli Stati Uniti. (23/2/2024)

Articolo precedente sul El Salvador: "Vietato dimenticare"

 

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a cura di Nicoletta Manuzzato