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Colombia, l'ex presidente Uribe condannato a dodici anni Dodici anni di arresti domiciliari, inabilitazione dai pubblici uffici per più di otto anni e una pesante pena pecuniaria: è questa la condanna dettata dalla coraggiosa giudice Sandra Heredia contro Alvaro Uribe Vélez (presidente dal 2002 al 2010 e fondatore del partito Centro Democrático) per frode processuale e corruzione di testimoni. Il procedimento era iniziato nel 2012, quando l'ex capo di Stato aveva accusato il senatore Iván Cepeda Castro di aver manipolato delle testimonianze per provare i suoi legami con gli squadroni della morte. Ma l'operazione si ritorse contro di lui: le indagini provarono infatti che Uribe, con l'aiuto del suo avvocato Diego Cadena, aveva tentato di comprare il silenzio dell'ex paramilitare Juan Guillermo Monsalve, che aveva rivelato la partecipazione di Alvaro Uribe e del fratello Santiago nella creazione del Bloque Metro delle Auc, le Autodefensas Unidas de Colombia responsabili di torture, omicidi, sparizioni forzate contro leader sociali e contadini. Monsalve aveva registrato di nascosto con un orologio-spia i tentativi dell'avvocato Cadena, che lo aveva visitato nel carcere dove era detenuto, di indurlo a ritrattare. Nel periodo della presidenza Uribe la Colombia divenne la maggiore destinataria di aiuti militari statunitensi in America Latina. Fu in quel periodo che scoppiò lo scandalo dei falsi positivi: giovani attirati con la promessa di un lavoro e poi uccisi dall'esercito, che li presentava come guerriglieri abbattuti in combattimento, per ottenere premi e riconoscimenti e mostrare all'alleato del Nord i colpi sferrati alla guerriglia. Naturalmente l'antico alleato è corso subito in sua difesa. La sentenza contro Uribe è "un attacco contro un patriota", ha dichiarato il segretario di Stato Usa, Marco Rubio, che ha anche accusato i magistrati "radicali" di strumentalizzare la giustizia. Immediata la risposta del presidente Gustavo Petro, che ha chiesto a Washington di evitare intromissioni negli affari interni del suo paese e in un atto pubblico si è domandato: "Torniamo ad essere una colonia?" La storica condanna, la prima contro un ex presidente, era stata preceduta da un'altra importante sentenza: quella nei confronti di sette ex dirigenti della multinazionale delle banane Chiquita Brands, che dovranno scontare undici anni di carcere (oltre al pagamento di una multa di quasi tre milioni e mezzo di dollari) per aver finanziato, tra il 1997 e il 2004, proprio le Auc. L'anno scorso la stessa Chiquita aveva dovuto indennizzare, per ordine di un tribunale della Florida, con oltre 38 milioni di dollari i familiari di otto vittime delle Autodefensas Unidas, che operavano nel dipartimento di Antioquia, governato ai tempi da Uribe. Se la battaglia contro l'impunità sta facendo passi avanti, la violenza nel paese non si arresta. Il 7 giugno, durante un comizio, viene ferito gravemente da colpi d'arma da fuoco il senatore di destra e precandidato presidenziale Miguel Uribe Turbay. A sparare è un ragazzo di quindici anni, subito fermato, che è stato armato quasi sicuramente dalla mafia internazionale del narcotraffico (in seguito saranno arrestati i membri del gruppo operativo dell'attentato, ma i mandanti sono tuttora sconosciuti). La reazione della popolazione non si fa attendere: qualche giorno dopo migliaia di persone scendono in piazza nella capitale e in tante altre città, dando vita alla Marcha del Silencio, una mobilitazione nazionale per la pace. Una risposta anche alla serie di attacchi sferrati sempre in giugno e attribuiti alle dissidenze delle Farc, che hanno provocato otto morti e decine di feriti nei dipartimenti di Cauca e Valle del Cauca. E anche nella prima metà di quest'anno non sono mancati i tentativi dell'estrema destra di abbattere il primo governo progressista del paese. In giugno il quotidiano spagnolo El País ha rivelato che l'ex ministro degli Esteri del governo Patro, Alvaro Leyva (sospeso dall'incarico per presunte irregolarità nella sua gestione), si era recato due mesi prima negli Stati Uniti per cercare appoggi a un eventuale colpo di Stato. Leyva si era incontrato con il parlamentare repubblicano Mario Díaz-Balart, cercando di ottenere attraverso questi un contatto con il segretario di Stato Marco Rubio. L'obiettivo era quello di forzare, con la pressione Usa, la destituzione di Petro per sostituirlo con la vice Francia Márquez: un progetto che però la Casa Bianca non aveva preso in seria considerazione. Márquez ha negato qualsiasi coinvolgimento nel tentato golpe, che è stato condannato da tutto l'arco politico colombiano. Ed è presto rientrata la crisi diplomatica che le rivelazioni avevano provocato tra Washington e Bogotá. A succedere a Leyva al Ministero degli Esteri era stata designata la politologa Laura Sarabia Torres, che aveva dovuto però rinunciare agli inizi di luglio perché coinvolta in un procedimento amministrativo. A succederle è stata chiamata l'economista Rosa Yolanda Villavicencio. LA COLOMBIA ESCE DALLA NATO. Al termine della Conferenza Ministeriale d'Emergenza sulla Palestina tenutasi a Bogotá a metà luglio, Gustavo Petro ha reso nota l'intenzione del suo paese di abbandonare la Nato. "Dobbiamo uscire, non c'è altra strada" ha dichiarato, aggiungendo che "la relazione con l'Europa non può più passare attraverso governi che tradiscono il loro popolo e stanno aiutando a lanciare bombe sui bambini". L'adesione all'Alleanza Atlantica era stata annunciata nel 2018 dall'allora presidente Juan Manuel Santos. "Saremo l'unico paese dell'America Latina con questo privilegio", aveva affermato in quell'occasione Santos. (2/8/2025) Articolo precedente: I "crimini di guerra" dell'Eln
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cura di Nicoletta Manuzzato |