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Perù, i familiari delle vittime contro l'amnistia I familiari delle vittime di violazioni dei diritti umani hanno espresso la loro protesta dopo l'approvazione da parte del Congresso dell'amnistia che annulla tutti i processi in corso a persone accusate di sparizioni forzate, violazioni sessuali, omicidi perpetrati tra il 1980 e il 2000 e ordina la liberazione dei condannati per gli stessi reati che abbiano già compiuto settant'anni. Si calcola che i beneficiati di questa legge sarebbero circa novecento tra militari, agenti di polizia e membri di gruppi paramilitari. Il bilancio di quegli anni, in cui lo Stato represse con estrema violenza i movimenti di guerriglia Mrta e Sendero Luminoso, si aggira intorno a 70.000 morti e oltre 20.000 desaparecidos. La Coordinadora Nacional de Derechos Humanos ha definito questa amnistia "un passo indietro storico nella lotta contro l'impunità". La legge era stata approvata una prima volta in giugno dal Congresso in seduta plenaria grazie a una coalizione formata dal fujimorismo e dai suoi alleati. Già in quell'occasione la Cidh (Corte Interamericana de Derechos Humanos) aveva inutilmente ammonito il Perù perché si astenesse dall'amnistiare i colpevoli di delitti di lesa umanità. In luglio la maggioranza di destra ha approfittato del periodo di pausa dei lavori parlamentari per ratificare la legge nella Commissione Permanente, evitando un dibattimento con tutti i deputati dell'opposizione. Si è ripetuto così quanto avvenuto nel 1995, quando la dittatura di Alberto Fujimori concesse ai repressori un'amnistia simile, annullata dalla Cidh nel 2001. Tra quanti potranno godere dell'impunità ci sono anche i membri del Grupo Colina, responsabile dei massacri di Barrios Altos e La Cantuta durante il regime Fujimori. "Noi familiari delle vittime abbiamo diritto alla giustizia - afferma Gisela Ortiz, sorella di uno degli studenti dell'Università La Cantuta - Siamo in gran parte stanchi, invecchiati, ma continueremo a resistere e a lottare contro queste leggi, contro questo Congresso e questo governo che non hanno alcun rispetto per i diritti umani. Non stiamo chiedendo un favore, stiamo reclamando diritti. Questa legge di amnistia, fatta per premiare i delinquenti e gli assassini, non ci sembra solo illegale, ma ingiusta e inumana". CAMBIO DELLA GUARDIA AL VERTICE DEL GOVERNO. In maggio il primo ministro, Gustavo Adrianzén, si è dimesso alla vigilia di un voto di censura del Congresso contro di lui. A precipitare la crisi l'uccisione di tredici lavoratori per mano di un gruppo criminale dedito all'attività mineraria illegale, ennesimo episodio a dimostrazione dell'aumento della delinquenza che il governo non è apparso in grado di contrastare. Proprio le denunce da parte della cittadinanza della crescente insicurezza nel paese hanno convinto la maggioranza a sfiduciare l'esecutivo. La presidente Boluarte si è vista dunque costretta a nominare un nuovo gabinetto, il quarto della sua gestione, ratificando però quasi tutti i ministri uscenti. Unico cambio di rilievo: al posto di Adrianzén è stato chiamato il titolare del dicastero della Giustizia e dei Diritti Umani, Eduardo Arana. Un personaggio su cui pesano accuse di vicinanza alla mafia giudiziaria legata al fujimorismo. (12/7/2025) Articolo precedente sul Perù: Impunità garantita per l'estrema destra
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cura di Nicoletta Manuzzato |