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Il Venezuela si prepara alla difesa

Un comunicato del ministro della Difesa di Caracas, Vladimir Padrino, annuncia un nuovo spiegamento militare, con la mobilitazione di 200.000 soldati e di mezzi aerei, navali e terrestri, per affrontare le minacce statunitensi. Intanto la Casa Bianca ha stretto il cerchio intorno al Venezuela, aumentando la presenza di forze con l'arrivo della portaerei più grande del mondo, la Uss Gerald Ford. E si allunga l'elenco delle imbarcazioni civili distrutte nel Mar dei Caraibi e nelle acque del Pacifico perché accusate, senza alcuna prova, di trasportare droga. Sono già ventuno gli attacchi e oltre ottanta le persone uccise. Queste esecuzioni extragiudiziarie sono state condannate dall'alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk, per il quale "non trovano giustificazione alcuna nel diritto internazionale". Secondo la Cnn il governo di Londra ha deciso di non condividere più con Washington informazioni su imbarcazioni sospettate di narcotraffico, per non essere complice di tali azioni. E la contrarietà a questi attacchi sembra sia stata all'origine delle improvvise dimissioni, in ottobre, del capo del Southern Command ammiraglio Alvin Holsey, a meno di un anno dalla sua nomina.

A fine ottobre il governo della Repubblica Bolivariana aveva informato dello smantellamento di una cellula finanziata dalla Central Intelligence Agency, che stava progettando l'attacco a una nave statunitense attraccata a Trinidad and Tobago. L'obiettivo era quello di far ricadere la colpa sul governo di Caracas, per fornire il pretesto a un intervento militare. Del resto pochi giorni prima il presidente Usa aveva ufficialmente autorizzato la Cia a realizzare operazioni coperte in territorio venezuelano. Alle provocazioni della Casa Bianca Nicolás Maduro ha risposto, nel corso di un corteo di migliaia di giovani, invitando Donald Trump alla pace. "Yes peace, yes peace", ha ripetuto Maduro.

Ma la minacciata offensiva di Washington contro il governo bolivariano va incontro ai desideri degli antichavisti, che hanno più volte invitato gli Stati Uniti a intervenire militarmente. E tra i leader dell'opposizione che tifano per l'intervento esterno c'è naturalmente María Corina Machado, i cui appelli a un'invasione dei marines stridono non poco con il Premio Nobel per la Pace che le è stato recentemente assegnato. In attesa di realizzare il suo sogno che vede vicino ("Il momento decisivo è imminente", ha scritto in un messaggio sui social), Machado si è rivolta a quanti "obbediscono agli ordini infami" di Maduro perché depongano le armi (e lascino fare alle truppe Usa). Un atteggiamento che conferma il commento fatto dall'ex presidente honduregno Manuel Zelaya nell'apprendere della decisione del Comitato per il Nobel norvegese: "È un'offesa alla storia e ai popoli che lottano per la loro sovranità. Premiare una golpista, alleata delle élites finanziarie e degli interessi stranieri, è trasformare il simbolo della pace in uno strumento del colonialismo moderno". (16/11/2025)

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a cura di Nicoletta Manuzzato