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Contro il Venezuela una guerra non dichiarata

L'offensiva degli Stati Uniti contro la Repubblica Bolivariana continua a salire di tono, prefigurando un intervento militare. L'escalation è iniziata in agosto con l'annuncio dell'aumento, da 25 a 50 milioni di dollari, della ricompensa a chiunque fornisse informazioni atte a localizzare e arrestare Nicolás Maduro che, secondo la procuratrice generale statunitense Pam Bondi, "utilizza organizzazioni terroristiche straniere come il Tren de Aragua, il Cartel de Sinaloa e il Cartel de los Soles per introdurre droghe letali e violenza nel nostro paese". E il segretario di Stato Marco Rubio ha addirittura assicurato che il presidente venezuelano è il capo del Cartel de los Soles. "Una volgare operazione di propaganda politica": così il ministro degli Esteri di Caracas, Yván Gil, ha definito l'attacco a Maduro.

Sempre "per combattere i narcotrafficanti", Washington ha deciso l'invio di navi da guerra nelle acque del Mar dei Caraibi. Del resto il Pentagono, come ha rivelato il New York Times, aveva ricevuto un ordine segreto di Donald Trump che intimava di usare la forza militare contro i cartelli della droga precedentemente designati come "organizzazioni terroristiche". In realtà, affermano fonti delle Nazioni Unite e della World Customs Organization, le principali rotte del narcotraffico non passano dal Venezuela. Qui, nel frattempo, continuano le scoperte e i sequestri di ingenti quantitativi di armi ed esplosivi presumibilmente destinati ai gruppi antichavisti. In risposta alle minacce dell'amministrazione Trump, da Caracas è stato annunciato l'arruolamento di migliaia e migliaia di persone per rafforzare la Milicia Nacional Bolivariana, un corpo militare cui possono aderire i civili. A fine agosto si sono registrate mobilitazioni in tutto il paese in difesa della sovranità e in oltre cento città in diverse parti del mondo si sono tenute iniziative contro ogni ipotesi di intervento straniero.

La minacciosa politica trumpista contro Caracas non ha trovato grande seguito nei governi latinoamericani. Certo l'Argentina di Milei, insieme all'Ecuador di Noboa e al Paraguay di Peña, si è affrettata a dar credito alla narrazione di Washington, mentre il neorieletto capo dello Stato della Guyana, Irfaan Ali, e la prima ministra di Trinidad and Tobago, Kamla, Persad-Bissessar, hanno dichiarato che collaboreranno con gli Usa nel dispiegamento militare nel Mar dei Caraibi. Sul fronte opposto si è schierato però il resto della regione: Cuba, Saint Vincent and the Grenadines, Antigua and Barbuda, Dominica, Grenada, Saint Kitts and Nevis, insieme a Nicaragua e Bolivia, hanno condannato energicamente le intimidazioni statunitensi e la presidente messicana Claudia Sheinbaum ha ribadito che il suo paese rispetta i principi di non intervento e di autodeterminazione dei popoli. Il colombiano Petro ha negato l'esistenza del Cartel de los Soles, definendolo "il finto pretesto dell'estrema destra per rovesciare governi che non le obbediscono". E in un comunicato i ministri degli Esteri di venti dei 33 paesi che costituiscono la Celac, la Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños, hanno espresso "profonda preoccupazione per il recente schieramento militare extraregionale", ricordando che "l'America Latina e i Caraibi sono stati proclamati Zona di Pace".

La tensione nell'area è cresciuta il 2 settembre quando, secondo il racconto del presidente Trump, la marina statunitense ha colpito e fatto esplodere un'imbarcazione venezuelana, con ingenti quantità di cocaina e fentanyl, diretta negli Usa e gli undici "narcoterroristi" a bordo sono stati uccisi. L'annuncio ha suscitato diversi dubbi: il video mostrato per documentare l'accaduto sarebbe stato creato con l'intelligenza artificiale. Non esiste alcuna prova che l'imbarcazione trasportasse droga o fosse in grado di arrivare fino alle coste statunitensi e comunque si sarebbe dovuto procedere all'arresto di eventuali trafficanti e non alla loro eliminazione. Ma a quanto pare la Casa Bianca ha rinunciato a ogni apparenza di rispetto per la legalità internazionale e Rubio, pochi giorni dopo, ha precisato che operazioni simili si ripeteranno: "Trump lo ha già fatto e tornerà a succedere".

E infatti la distruzione di presunte imbarcazioni di narcos si è ripetuta una seconda e una terza volta, senza contare l'abbordaggio in acque venezuelane di un peschereccio e il fermo per ore di nove pescatori di tonno da parte dei marines.  Nessuna incertezza, dunque, sembra sfiorare l'amministrazione Trump nel portare a termine quelle che il presidente brasiliano Lula ha definito "esecuzioni extragiudiziarie". Gustavo Petro, nel suo discorso davanti all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ha chiesto di aprire un procedimento penale contro Donald Trump per questi attacchi a natanti civili e per l'uccisione del loro equipaggio. "La politica antidroga non è per fermare la cocaina che arriva agli Stati Uniti. La politica antidroga è per dominare i popoli del sud in generale, non mira alla droga, mira al potere e al dominio", ha affermato il presidente colombiano. Si tratta insomma di tentativi di provocazione verso la Repubblica Bolivariana, nel chiaro intento di giungere a un casus belli. Del resto l'incidente nel Golfo del Tonchino non servì nel 1964 agli Usa di Lyndon Johnson per giustificare l'avvio della Guerra del Vietnam? In questo caso la posta in gioco è il petrolio di cui il Venezuela possiede le più grandi riserve mondiali.

In questa operazione provocatoria Washington ha dispiegato nel Mar dei Caraibi otto navi militari dotate di missili e un sottomarino a propulsione nucleare, mentre suoi aerei attuano in continuazione voli di ricognizione nella regione. Nel frattempo il Southern Command ha avviato esercitazioni con le forze di Panama, paese sotto ricatto per via della dichiarata intenzione di Trump di riappropriarsi del Canale, mentre caccia F-35 sono stati inviati a Puerto Rico "pronti per combattere contro i cartelli". Non sono mancate le false accuse: aerei militari di Caracas avrebbero sorvolato una nave Usa. E con le accuse sono arrivate le minacce: se questi velivoli rappresentassero un pericolo per le forze statunitensi si esporrebbero ad essere "abbattuti", secondo le parole dello stesso presidente statunitense.

Nessuno crede al pretesto della lotta contro la droga usato per giustificare tutto questo. "Gli Stati Uniti - ha dichiarato la vicepresidente venezuelana Delcy Rodríguez - sono il centro mondiale di riciclaggio del narcotraffico. C'è molta ipocrisia, c'è molta doppia morale, c'è molta strumentalizzazione politica e geopolitica di questo tema per aggredire, per intervenire, per avere come obiettivo un cambio di regime". Proprio questo è il proposito, neanche tanto nascosto, della Casa Bianca: il rovesciamento della Repubblica Bolivariana e la sua sostituzione con governi compiacenti come quello che potrebbero garantire la leader antichavista María Corina Machado e il suo burattino Edmundo González Urrutia. Una "guerra non dichiarata", come l'ha definita il ministro della Difesa venezuelano, Padrino López, è in corso in quell'area e con essa Washington manda un avvertimento al resto del mondo: intende mantenere sotto suo controllo esclusivo il "cortile di casa", allontanando chiunque (leggi la Cina) voglia intromettersi. Ma forse dovrebbe ricordare la disfatta con cui si concluse quel conflitto iniziato con l'incidente nel Golfo del Tonchino.

Intanto Caracas si prepara al peggio in seguito alle rivelazioni della Nbc che, citando fonti dell'amministrazione Trump, ha parlato di possibili attacchi con droni all'interno del territorio venezuelano. Il capo dello Stato ha firmato a fine settembre un Decreto de conmoción exterior che, in base alla Costituzione, gli conferisce poteri speciali in materia di sicurezza e difesa. E l'Asamblea Nacional ha approvato il trattato di associazione strategica e cooperazione con la Russia, sottoscritto in maggio da Vladimir Putin e Nicolás Maduro, in occasione della visita di quest'ultimo a Mosca per l'ottantesimo anniversario della vittoria nella Seconda Guerra Mondiale. Tra i punti dell'accordo il miglioramento dei legami tra i due paesi su temi energetici, militari e finanziari. (30/9/2025)

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a cura di Nicoletta Manuzzato